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L'allenamento neuromuscolare per l'atleta di prestazione

Scritto da Mattia Ravagli

È L’ALLENAMENTO DI TUTTI I SENSI MIGLIORANDO LA REATTIVITÀ, LA PERFORMANCE, L’INCREMENTO DEL CONSUMO CALORICO, LA RIDUZIONE DEL RISCHIO DI INFORTUNI E ALTRO.

L’incremento delle unità motorie, la superiore attività cerebrale utilizzata per gestire gli impulsi improvvisi e la maggiore attivazione muscolare garantiscono un importante miglioramento delle prestazioni durante la competizione. L’allenamento neuromuscolare prevede l’utilizzo di stimolazioni propriocettive (sonore, luminose e tattili) oppure intrusioni o sconvolgimenti motori repentini che durante il gesto motorio costringano l’atleta ad attivare rapide modificazioni neuromuscolari.

Sia negli sport di prestazione che nelle attività lavorative di tutti i giorni ci troviamo di fronte a situazioni imprevedibili in cui la prontezza di riflessi e la reazione rappresentano il cuore del benessere psico-fisico e il raggiungimento del risultato. Mente e corpo sono interconnessi tra loro e, nel momento in cui accade qualcosa di imprevisto, dobbiamo reagire rapidamente per evitare un infortunio, cambiare un’azione di gioco, riadattare la postura, etc. L’essere umano riceve informazioni attraverso gli esterocettori (vista, tatto, udito, etc.) che lo dispongono in rapporto all’ambiente esterno. I propriocettori (organi sensitivi specializzati come organi tendinei del golgi e fusi neuromuscolare), invece, dispongono le differenti parti del nostro corpo in rapporto tra loro in modo prestabilito e talvolta creano riflessi per evitare traumi.

Al vertice troviamo i centri superiori (neuroni) che integrano i vari settori e i processi cognitivi e che rielaborano i dati ricevuti dalle due fonti precedenti attraverso reazioni biomeccaniche e biochimiche che determinano il benessere del nostro corpo. Da sempre uno dei limiti della classica sala fitness e del bodybuilding è la non abitudine a rispondere a situazioni improvvise e impreviste. Fortunatamente questo limite, da anni, è stato colmato dalla “nascita” e dallo “sviluppo” dell’allenamento funzionale la cui finalità è quella di migliorare la performance specifica della disciplina sportiva, il miglioramento della salute e in generale della vita quotidiana. Lo sviluppo economico ha portato un lento ma progressivo distacco dell’uomo dal contatto con la natura e lo ha reso sempre più sedentario. Questo nel tempo ha peggiorato le nostre abitudini motorie.

Da sempre l’essere umano è stato abituato a muoversi su superfici instabili, con vento o pioggia e altri fattori inaspettati, che portano reazioni neuromuscolari più forti, più frequenti e meno prevedibili dando meno tempo per pensare in maniera conscia. Anni fa si programmava l’allenamento isolando il muscolo, eseguendo quindi molti esercizi mono-articolari per lo stesso, spesso svolti con attrezzature da palestra standardizzate. L’allenamento moderno invece prevede che la maggior parte, se non la totalità del lavoro, preveda esercizi multi- articolari e a corpo libero. Questo perché, negli sport di prestazione e nella vita quotidiana, il corpo non attiva mai un singolo muscolo per volta. Così anche l’allenamento in sala pesi è stato drasticamente modificato creando (o meglio riscoprendo) il Functional Training che, invece, allena le catene muscolari nella sua totalità aumentando notevolmente anche la sinergia muscolare con incrementi significativi anche di forza e del metabolismo basale.

Come possiamo ottimizzare questo tipo di allenamento rendendolo ancor più specifico per la singola disciplina sportiva e magari migliorando anche i sensi umani? Per aumentare la prestazione in molte discipline sportive deve esservi, oltre all’adattamento muscolare, l’allenamento di tutti i sensi migliorando la reattività, la performance, l’incremento del consumo calorico, la riduzione del rischio di infortuni e altro. Tutto ciò viene definito “Allenamento Neuromuscolare”. L’incremento delle unità motorie e la superiore attività cerebrale utilizzata per gestire gli impulsi improvvisi e la maggiore attivazione muscolare garantiscono un importante miglioramento delle prestazioni durante la competizione. Per migliorare l’atleta nella sua totalità si aggiungono ai classici allenamenti svariati elementi che possano dare differenti impulsi dinamici inaspettati (a volte casuali mentre a volte guidati dal trainer ma a sorpresa per l’allievo), obbligandolo ad adattarsi e a reagire in maniera istintiva ed efficiente tenendo alta sia la concentrazione che la soglia di attenzione. Questo avviene grazie all’utilizzo di stimolazioni propriocettive (sonore, luminose e tattili) oppure grazie a intrusioni o sconvolgimenti motori repentini che durante il gesto motorio costringono l’atleta ad attivare rapide modificazioni neuromuscolari, aumentando il livello dell’allenamento, migliorando i parametri sopraelencati con effetti positivi sulla performance e riducendo inoltre il rischio di infortuni e il recupero in fase di riabilitazione. Gli allenamenti dovranno quindi essere imprevedibili. Si utilizzano destabilizzatori come tavolette propriocettive, bosu balance, superfici scivolose o irregolari e altro personalizzandoli in base all’utente e alla sua disciplina sportiva. I carichi utilizzati saranno irregolari e asimmetrici perché, al di fuori della palestra, i sovraccarichi non sono bilanciati e spesso sono in movimento. In ultimo si dovranno alterare anche stimoli sensoriali come luce, suoni e altro, basti pensare a un’attività all’aperto in penombra o con troppa luce o comunque dove l’atleta dovrà reagire immediatamente alla visione di qualcosa o dopo un suono (per esempio, lo scatto iniziale dopo lo start per i centometristi o la partenza al semaforo verde per i piloti). La reattività, come ben noto, è un parametro fondamentale per quasi tutti le attività sportive ma non dobbiamo sottovalutarne l’importanza anche nella vita quotidiana al lavoro, per strada, etc., questo indirettamente calerà drasticamente il rischio di infortuni perché allena il sistema nervoso ad agire in maniera ottimale abbinando la logica all’istinto. Da ricordare anche che una maggiore attivazione neuromuscolare incrementa l’attività metabolica nella stessa unità di tempo creando un dispendio energetico superiore utile all’ossidazione lipidica.

PRINCIPI BASE DI ALLENAMENTO NEUROMUSCOLARE:
Utilizzare destabilizzatori: Bosu Balance, acqua, sabbia, piani inclinati e/o in movimento.
Utilizzare luci o suoni: scatto o movimento specifico con la visione di un colore, sentendo uno specifico rumore oppure premendo un pulsante quando si accende o si sente un suono (reattività).
Utilizzare numeri o codici o parole chiave: durante l’allenamento si possono utilizzare numeri, parole o codici per predisporre il sistema neuromuscolare in determinate condizioni. Per esempio, nelle arti marziali spesso si abbina un numero d un colpo da eseguire, quindi si eseguono sequenze di attacco derivate da sequenze numeriche.
Utilizzare attrezzi disomogenei e/o di varie densità: i materiali all’interno (sabbia o acqua) rendono l’attrezzo instabile, imprevedibile, flessibile e funzionale.
Limitare i sensi: ridurre parzialmente o totalmente la vista o l’udito per aumentare l’utilizzo degli altri sensi e riprodurre in certi casi delle situazioni limitanti che si possono ritrovare in gara.

Prima di stilare una scheda di allenamento, valutare sempre il livello di preparazione dell’atleta che stiamo seguendo e fare test funzionali come prove di equilibrio, riflessi, resistenza, forza, etc.. In seguito sarà di fondamentale importanza riprodurre al meglio quelle che sono le circostanze di gara durante l’allenamento (abbigliamento, orario della prestazione, alimentazione pre-gara, meteorologia prevista e temperatura esterna, attrezzi che utilizzerà, sopportazione dello stress e altro). Questi sono parametri soggettivi o esterni che a volte si possono prevedere mentre a volte questo risulterà impossibile. Oggi sul mercato si trovano strumenti e attrezzature molto utili che possono aiutare gli allenatori a rendere l’allenamento ancor più preciso, personalizzato, funzionale e realistico. La base resta sempre e comunque lo studio a 360° delle caratteristiche del singolo atleta e della competizione che è sempre unica nel suo genere, viste le numerose variabili che cambiano di continuo. Il trainer quindi dovrà avere la capacità e sensibilità di conoscere, elaborare e adattare anche i minimi dettagli che, spesso trascurati, alla fine in gara e nella vita faranno indubbiamente la differenza.

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