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Contrazioni auxometriche

Scritto da Fabio Pani

CARATTERISTICHE, CAMPI APPLICATIVI E INCIDENZA SULLA PRODUZIONE DI ACIDO LATTICO

3 ragionamenti analitici per comprendere a fondo la versatilità e l’efficacia delle contrazioni auxotoniche

Le contrazioni auxometriche sono quelle che spesso e riduttivamente vengono identificate con l’uso di elastici. Ciò è un errore perché in realtà, come vedremo, sono quelle in cui si possono usare anche molle e catene. Ma cosa significa il temine “auxometrico”? In sintesi, e con poche parole, significa che la tensione sale mano a mano che il muscolo si contrae accorciandosi. Per esempio se eseguo un curl con elastico bloccando un’estremità sotto il piede e l’altra afferrandola con la mano, cosa accadrà durante la fase concentrica?

Nel momento in cui fletto l’avambraccio sul braccio (detta anche fase positiva) l’elastico si allungherà esercitando maggiore resistenza e il mio muscolo sarà costretto ad aumentare la propria forza per vincere tale progressiva tensione. Questo non avviene con l’uso di oggetti ”liberi” come bilancieri, manubri o kettlebell che viceversa sono contrazioni a resistenza variabile. In sostanza la tensione varia al variare della leva, del momento angolare, della gravità e diminuisce mano a mano che il muscolo si contrae accorciandosi (esattamente l’opposto di una contrazione auxometrica).

Come accennato sopra, tali contrazioni non sono identificabili solo con gli elastici, ma anche con altri oggetti. Se per esempio eseguissi la panca piana e collegassi due catene all’estremità di un bilanciere, cosa accadrebbe durante l’esecuzione dell’esercizio? In fase eccentrica (quando il bilanciere scende verso il basso andando incontro al torace) le catene toccheranno il suolo e progressivamente ridurrebbero la loro resistenza. Viceversa quando spingerò l’asta e questa si allontanerà dal torace (in fase concentrica), la catena si staccherà sempre più dal suolo aumentando il carico. Ecco che i miei muscoli dovranno esercitare una resistenza sempre maggiore per vincere la forza progressiva della catena.

molle

Con le molle il principio è inverso all’elastico (quando si accorcia aumenta la tensione) ma comunque simile. Via via che la molla riduce la lunghezza aumenta la sua resistenza e per vincerla devo imprimere maggiore tensione su di essa. In buona sostanza e riassumendo, con elastici, catene e molle possiamo ottenere contrazioni auxotoniche.

Un altro ragionamento si può fare sul ruolo fisioterapico degli elastici e in generale delle contrazioni auxometriche. Il fatto di aumentare la resistenza nel momento in cui il muscolo si accorcia, le rendono interessanti se analizziamo e ragioniamo sul fatto che in questa condizione l’articolazione lavora in un ROM meno pericoloso. Manteniamo l’esempio della panca piana; la spalla soffre maggiormente quando il bilanciere si trova giù, oppure su? Indubbiamente quando si trova giù, pertanto in quel punto l’uso di catene o elastici significherebbe una bassa tensione. Mano a mano che salgo e la spalla aumenta la sua “stabilità” la resistenza aumenta, rendendo dunque l’esercizio più intenso ma anche più sicuro a livello articolare. Questo ragionamento lo possiamo estendere a qualsiasi esercizio ed ecco spiegato il fatto che nelle prime fasi di riabilitazione si prediligano gli elastici ad altre tipologie di oggetti. In merito a questi strumenti chiamati anche loop, possiamo trovare in commercio diversi tipi di articoli, da quelli a resistenza bassa, media o alta ma anche con lunghezze diverse poiché non possiamo pensare di utilizzare gli stessi in tutti gli esercizi. Giusto per fare un esempio per i distretti inferiori devo preventivare elastici più lunghi rispetto a quelli per gli arti superiori. In ogni caso occorre valutare le diverse lunghezze da scegliere in funzione degli esercizi che intendo eseguire con questi oggetti tanto interessanti.

Data l’applicazione frequente dello strumento elastico nel campo riabilitativo ho strutturato un interessante allenamento per la riabilitazione funzionale della spalla periodizzato in 4 settimane.

 

tabella contrazioni

Un ultimo ragionamento lo facciamo, domandandoci se questo tipo di contrazioni aumenti o meno la produzione di acido lattico all’interno del muscolo. La risposta è da ricercare nel tempo sotto tensione (T.U.T.). Se dunque utilizzo un elastico sufficientemente “forte” per la mia condizione fisica ed eseguo una serie che mi permette di sfruttare il sistema anaerobico lattacido, produrro’ un accumulo di lattato né più né meno di altri tipi di contrazioni. Ricordo che la produzione e accumulo di acido lattico è legata sostanzialmente al tempo sotto tensione della fibra muscolare. Quando questa viene attivata per tempistiche comprese tra 5 e 120 secondi (più o meno) vengono prevalentemente utilizzati i carboidrati come substrato energetico (carburante) e così facendo viene prodotto acido lattico. Se poi il recupero tra le serie risulta incompleto (meno di 2 minuti) questo tende ad accumularsi facendoci percepire muscoli gonfi, vascolarizzati e via via sempre più affaticati. La produzione di lattato abbassa poi il ph del sangue e questo evento stimola l’ipofisi anteriore a produrre l’ormone della crescita (GH). Tale ormone risulta essenziale per l’ipertrofia e dunque per il potenziamento di aree deboli o a cui vogliamo dare maggiore sviluppo. Ciò risulta cruciale non solo per fini prettamente estetici ma anche per il recupero funzionale di aree che si sono indebolite in seguito a traumi con eventuale uso prolungato di gessi/tutori e che ci hanno costretti ad inattività.

 

Letto 9784 volte Utima modifica effettuata Martedì, 17 December 2019 11:32

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