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Choreography: concetto di facile e difficile

Scritto da Patrizia Vincenzi

FACCIAMO UN PO’ DI ORDINE NELLA GRANDE CONFUSIONE DELL’ULTIMO DECENNIO DELL’ERA DEL FITNESS COREOGRAFICO

La coreografia ha da sempre fatto parte della mia vita, sotto ogni sua forma. Attribuibile al fitness è dall’anno sportivo 1988/89 che ho sposato il mio grande amore: l’aerobica (Hi-Lo Impact) e dai primi anni ’90 si è unito alla famiglia anche lo Step. Questa introduzione per dirvi che ho vissuto per trenta anni l’evoluzione di queste due discipline in prima persona. Questo articolo nasce nel tentativo di rendere partecipi tutti i praticanti (ed interessati a farlo) della storia della coreografia, concentrando il focus su un argomento che ritengo fondamentale: la gran confusione negli ultimi anni in merito al concetto di “Facile” e “Difficile”.

Fine anni ‘80, inizio anni ’90 noi istruttori eravamo tutti dei pionieri, nel mondo delle palestre la coreografia era una novità assoluta senza però basi solide a cui potersi affidare. Lo step era troppo lento (125/126 bpm) e pieno di “Tap”, mentre la ginnastica aerobica era troppo veloce (155/160 bpm) con movimenti ripetitivi ad altissimo impatto.
Alla fine degli anni ’90 finalmente la svolta. Studi su gruppi di lavoro monitorati hanno individuato gli errori (alcuni anche gravi) che venivano offerti al grande pubblico e sono stati studiati piani di allenamento più mirati e professionali. Lo step ha aumentato i suoi bmp per ottenere un risultato cardiorespiratorio più finalizzato, mentre l’aerobica li ha invece calati in quanto l’allenamento era troppo intenso andando a ripercuotersi in modo lesivo su articolazioni, legamenti e tessuti muscolari, oltre al non trascurabile dato del lavoro eseguito per la maggior parte in “anaerobiosi”. Una brillante intuizione tecnica vera illuminazione è arrivata grazie al passo base “Rock” che essendo di 3 tempi musicali ha spezzato la monotonia dei 4 beats ed i suoi multipli aprendo infinite possibilità di costruzione coreografica. La coreografia, dunque, era in continuo mutamento ma rimaneva comunque fattibile a tutti. L’altro fattore che ha assunto un ruolo fondamentale è stato il suo risonante effetto moda: tutti, ma proprio tutti, si avvicinavano con grande curiosità ed entusiasmo alla sala corsi musicali. Tutte queste strategie sono state vincenti fino alla fine del 2002. Tra gli anni 2003 e 2006 la situazione ha cominciato a sfuggirci di mano. La coreografia ha subito una metamorfosi per la maggior parte degli istruttori, ovvero ha iniziato ad essere proposta come fine a se stessa e non più come un metodo di allenamento. Da quel momento, dai palchi delle convention prima e dalle sale fitness poi, le lezioni sono diventate una gara a chi faceva le coreografie più complesse e i praticanti si sentivano sempre più stressati e scoraggiati di fronte alle proposte motorie, direzionandosi verso altre discipline magari meno allenanti e più ripetitive ma sicuramente più pratiche e semplici. Ad oggi ci troviamo in una situazione in cui esistono le coreografie semplici da una parte e le coreografie complesse dall’altra. Le coreografie semplici attirano certamente i nuovi istruttori, ma nelle sale corsi sono spesso poco allenanti e talvolta noiose. Le coreografie complesse attirano solo gli istruttori più esperti, senza considerare che con l’avanzare dell’età gli allievi veterani diventano sempre meno numerosi.

Per far fronte a questo caos didattico la FIF Academy, che è sempre stata al passo con tutti i cambiamenti del settore, ha adattato i suoi programmi del Choreography alle esigenze non solo degli operatori del settore, ma anche degli utenti finali. è stato un grande onore per me essere la mente delle modifiche tecniche apportate ai programmi didattici dell’aerobica e dello step, accettando la sfida di realizzare il nuovo Master di specializzazione Choreography Strategies. L’inizio dei lavori è partito da una specifica domanda: “Ma cosa ci ha insegnato l’esperienza di quest’ultimo decennio?”. Ci ha insegnato senza dubbio e in prima istanza che ciò che attira la clientela non è quanto strepitosa sia la routine proposta, ma è innanzitutto quanto divertimento si cela dietro le scelte coreografiche. In questo particolare momento storico le persone sono assiduamente sotto pressione in tutti gli ambiti: il lavoro che richiede sempre più ore ed uno stipendio che rimane uguale se non inferiore, le tasse che hanno raggiunto livelli insostenibili, la continua ricerca del“apparire” per non rischiare di essere tagliati fuori dalla società che richiede tutta una serie di determinati canoni comportamentali, etc etc… quindi le persone che vengono in palestra vogliono innanzitutto sentire un senso di leggerezza che arriva attraverso il divertimento e lo svuotamento della testa dai pensieri.
Ci ha insegnato anche che la gente vuole “ballare”. Oltre alla pulizia del movimento le persone sentono il desiderio primario di muovere liberamente il proprio corpo nello spazio. In merito a questo argomento ho letto il libro “l’arte del movimento” di Rudolf Von Laban che dimostra quanto “la nostra coscienza ordinaria, che chiamiamo razionale, è solo uno dei modi possibili di coscienza, mentre tutto intorno, divise dal più sottile dei veli, risiedono altre forme potenziali di coscienza, completamente differenti.”. Grazie a questi due concetti fondamentali ho cercato di capire come si potevano combinare ed integrare con tutto ciò che era di mia conoscenza sulle tecniche coreografiche a corpo libero o con l’ausilio di uno step. NO stress, NO testa piena di pensieri, NO troppa concentrazione, ma lasciarsi semplicemente andare dove ti portano le gambe, assaporando appieno il movimento corporeo nello spazio come massima espressione di se stessi. Ebbene i contenuti del nostro master di coreografia ci confermano che tutto questo: “si può fare!”. A tale scopo le strategie da me proposte sono state realizzate con un unico focus: rendere il facile mai banale e il difficile sempre fattibile. Il bravo istruttore è colui che porta con se l’allievo per mano e senza che se ne renda conto si ritrova ad eseguire sequenze complesse dal punto di vista tecnico/didattico con grande facilità. Per questo è sottinteso che per ogni istruttore si richiede una spiccata dedizione attraverso lo studio la pratica e la concentrazione. Le nuove strategie proposte nel master federale, nel rispetto delle capacità tecniche degli istruttori e dei clienti appassionati delle lezioni coreografiche, sono state strutturate in tre livelli: base, intermedio e avanzato, esattamente con lo scopo di prendere per mano i neo istruttori di Fitness Group e guidarli nel viaggio della conoscenza distintiva del concetto di facile e difficile. Un concetto che mi accompagna dagli albori della mia docenza nel settore musicale, che è stato fonte di ispirazione per la realizzazione della mia tesi di Top Trainer, discussa nel lontano 2004, e che ho scelto di tradurre con l’acronimo CDM (Controllo Del Movimento): partire dalle lezioni “base” per approdare progressivamente alle lezioni “surprise” o lezioni “challenge” con lo scopo di aumentare il grado di divertimento e il livello di autostima di istruttori e allievi. Il master Coreography Strategies non è che l’evoluzione di questo primordiale concetto di CDM; è un corso che porta a conoscere la vera essenza della “ginnastica aerobica” insegnando non solo i passi, ma come viene gestita una lezione e l’impatto che questa ha sul proprio corpo.

Non posso che concludere con questa che per me resta un’importante verità: “le coreografie sono semplici, la vera difficoltà sta nell’interpretarle con la propria espressione corporea dove il lasciarsi andare significa ricominciare una nuova scalata verso un’alta vetta!”.

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