Allenamento HIIT: tra mito e realtà
Scritto da Luca DalsenoVALUTIAMO A TUTTO TONDO I REALI BENEFICI E LE CONTROINDICAZIONI DEL HIGH INTENSITY INTERVAL TRAINING
L’allenamento HIIT (High Intensity Interval Training) è una delle realtà più diffuse nei centri fitness di oggi. Vediamo di fare un po’ di chiarezza in merito a tutto ciò che gravita attorno a questa tipologia di allenamento analizzando quali sono i reali benefici e le eventuali controindicazioni.
HIIT – Benefici:
• si è dimostrato un valido allenamento nell’indurre miglioramenti a livello di performance e di salute migliorando la capacità cardiorespiratoria, la capacità ossidativa del muscolo scheletrico, contrastando la sarcopenia e migliorando i livelli dei rilevatori antiinfiammatori
• si è dimostrato che solo 2 settimane di HIIT sono in grado di determinare un aumento della capacità ossidativa a livello del muscolo scheletrico
• aumento del contenuto di glicogeno muscolare a riposo
• riduzione del tasso di utilizzo del glicogeno e della produzione di lattato durante l’esercizio
• un incremento della capacità (sistemica e del muscolo scheletrico) di ossidazione dei lipidi
• un miglioramento a carico di struttura e funzione del sistema vascolare periferico
• aumento del massimo consumo di ossigeno post workout (EPOC - Excess Post-exercise Oxygen Consumption), l’HIIT ha un EPOC del 15-30% superiore rispetto ad un classico training aerobico
• aumento del VO2max superiore rispetto al training aerobico prolungato (Steady State Training)
• Babraj et al (2009) ha dimostrato come un HIIT ha ridotto l’ampiezza e la durata della risposta glicemica che segue all’assunzione di una bevanda arricchita di glucosio. L’HIIT riduce la glicemia basale, la glicemia post-prandiale, la sensibilità all’insulina nel tessuto muscolare e adiposo e si è dimostrato efficace nell’inibire il trasporto di acidi grassi nell’adipocita
• Un lavoro pubblicato nel 2014 ha dimostrato che 4 mesi di HIIT, svolto mediamente per 20 minuti 2 volte a settimana, ha portato miglioramenti ipertrofici a carico del muscolo grande psoas, della muscolatura della parete addominale e dei quadricipiti femorali (Y. Osawa, et al – 2014)
• Altri studi hanno dimostrato l’innalzamento della produzione endogena dei livelli di GH dopo ogni seduta di HIIT.
Ci sono anche altri riscontri ritenuti “minori” a livello di interesse collettivo, ma diciamo che questa tipologia di allenamento ha sicuramente molti benefici, assimilabili per certi aspetti a quelli ottenibili con attività classiche di lavori di endurance, con i vantaggi però di poterli raggiungere con volumi totali di allenamento molto inferiori. Quindi sia una vantaggio sotto l’aspetto del tempo necessario allo svolgimento dei nostri workout, sia a livello di stress ossidativo che risulta ovviamente inferiore.
Pertanto, penserete voi, l’HIIT ha solo modificazioni positive: “da domani tutti a fare HIIT!!!”.
Ebbene, è giusto dire che un rovescio della medaglia esiste, innanzitutto se è vero che da una parte i volumi di allenamento si riducono drasticamente rispetto ai lavori di Endurance, è altrettanto vero che l’intensità si dovrebbe elevare in modo esponenziale; tale aspetto quindi ci può far capire immediatamente che questo non è un allenamento adatto a tutti. Un workout ad alta intensità ha infatti controindicazioni in tutti quei soggetti poco allenati, non adatto a persone con problematiche di salute (cardiovascolari, pressorie, ecc…) ed è anche molto più stressante a livello osteo articolare rispetto a tutti gli allenamenti a basso impatto (colonna vertebrale, spalle, ginocchia e caviglie dovranno infatti essere ben allenate per assorbire tutte le sollecitazioni che questo allenamento provocherà). Come se non bastasse c’è poi una componente mentale assolutamente necessaria, la volontà di faticare. Non basta infatti dire agli amici che vi allenate in modalità HIIT, bisogna poi farlo veramente! è vero che bastano 20’/30’ di allenamento intenso per ottenere ottimi risultati, ma il tempo max deve essere non un limite stabilito da questo articolo, ma il massimo tempo fisiologico per il quale noi possiamo continuare ad allenarci con gli esercizi ed i carichi scelti per questa modalità. Altrimenti è meglio continuare con gli allenamenti a bassa intensità di prima.
Troppo spesso ormai vedo lezioni chiamate “Interval training” o nomi simili che però di intenso hanno solo l’abbonamento per poter accedere alla palestra stessa che li propone.
Attenzione sempre a non abboccare alle mode; per evitare di farci inglobare in un meccanismo di semplice vendita vediamo quali sono le regole principali da rispettare e le 3 modalità più conosciute di questa applicazione.
Per la creazione di un allenamento in modalità HIIT abbiamo almeno 3 variabili che possano renderlo tale:
• Intensità percepita
• Rapporto tempo di lavoro/recupero
• Tipologia di esercizi utilizzati.
A mio avviso queste 3 variabili devono rispondere contemporaneamente a ciò che vogliamo effettivamente ottenere per dire che realmente si sta facendo un lavoro con questi obiettivi.
Troppo spesso infatti vedo utilizzate modalità di circuito chiamata “timing circuit” (circuiti a tempo) in cui si lavora ad esempio per 20 secondi e si recupera 10 secondi, per un numero di serie tendente “all’infinito”, tutto questo perché l’unica variabile che corrisponde alla modalità HIIT è solo la componente timing (con un tempo di lavoro dimezzato rispetto al tempo di azione), però molto spesso gli esercizi utilizzati e/o l’intensità percepita non corrispondono ai livelli necessari… Per questo motivo se vogliamo parlare di allenamento ad alta intensità “reale” dobbiamo veramente sudare le proverbiali sette camicie; solo in questo modo non staremmo seguendo la moda del TABATA TRAINING, ma staremmo realmente lavorando in modo ottimale. Ed esclusivamente in questo modo il nostro workout può durare solo 20’. Quindi un rapporto tra durata e recupero pari a 2:1 può essere un’ottima scelta, ma deve anche essere “spalleggiata” dall’utilizzo di esercizi (cardio e/o multiarticolari) con carichi percepiti realmente intensi.Come detto prima quindi la durata può variare dai 4 ai 30 minuti. Se i parametri utilizzati potrebbero permettervi una durata superiore vuol dire che dovete alzare l’asticella dell’intensità percepita variando una o tutte le 3 componenti principali.
Vediamo ora in dettaglio le 3 modalità più conosciute di allenamento HIIT e validate in laboratorio.
PROTOCOLLO TABATA
Si tratta di una versione di HIIT basata su un lavoro scientifico del Prof. Izumi Tabata (1996). Il protocollo prevede 20 secondi di esercizio ultra-intenso, svolto approssimativamente al 170% del VO2max, seguiti da 10 secondi di riposo. Il loop deve essere ripetuto per 4 minuti, così da svolgere 8 picchi di attività ultra-intensa. Il protocollo Tabata nasce da uno studio del 1996 svolto dal Dr. Izumi Tabata e il suo team presso il National Institute of Fitness and Sports di Tokyo. Lo studio, che prevedeva 5 allenamenti a settimana ed è durato 6 settimane, paragonò su cicloergometro due diversi protocolli: la classica attività aerobica, svolta ad una intensità costante pari al 70% del VO2max per 60 minuti, ed una composta da ampie variazioni di intensità della durata totale di soli 4 minuti. In questi pochi minuti si utilizzavano sia i meccanismi aerobici che anaerobici e si alternavano a 20 secondi estremamente intensi (circa 170% VO2max), 10 secondi di riposo in un ciclo continuo ripetuto per 8 volte fino ad arrivare appunto a 4 minuti di lavoro. Il gruppo dei 60 minuti aumentò il VO2max di circa un 10% senza nessun miglioramento della capacità anaerobica. Il gruppo dei 4 minuti registrò un aumento del VO2max del 14% e un incremento del 28% della capacità anaerobica. Risultò quindi che l’allenamento tradizionale ad intensità costante migliora la potenza aerobica, ma non migliora la capacità anaerobica, mentre l’attività intermittente ad alta intensità è in grado di aumentare in modo significativo sia la performance aerobica che anaerobica; quest’ultima, per inciso, possiamo definirla come la capacità di continuare a svolgere l’esercizio in carenza di ossigeno e con aumentati livelli di acido lattico. Oltre ai miglioramenti della performance, il metodo Tabata sembra portare ad una significativa perdita di massa grassa; probabilmente tale risultato è dovuto a 2 fattori: per primo l’elevato debito di ossigeno che deriva da una attività così intensa e secondo l’influenza che un esercizio di questo genere ha sulla produzione ormonale. Infatti grazie all’intensità elevata aumentano i livelli di GH e catecolamine, entrambi ormoni lipolitici, e si ha rispetto ad una sessione di cardio più lunga, una minore secrezione di cortisolo, ormone catabolico particolarmente sensibile alla durata dell’esercizio.
PROTOCOLLO GIBALA O METODO LITTLE
Il metodo Little è una particolare forma di High Intensity Interval training (HIIT) che è stata testata in uno studio del 2009 dal ricercatore Johnathan Little e colleghi, nel gruppo del Professor Martin Gibala presso la McMaster University in Canada. Il protocollo si imposta partendo con un riscaldamento da 3 minuti a cui segue la prestazione HIIT, la quale consiste in 60 secondi di esercizio fisico intenso al 95-100% del VO2max alternato con periodi di recupero attivo a bassa intensità da 75 secondi, in un ciclo ripetuto per 8-12 volte per una durata totale tra i 18 e i 27 minuti Il gruppo di ricercatori era riuscito precedentemente a dimostrare che l’HIIT portasse a numerosi adattamenti fisiologici analoghi a quelli osservati con la normale aerobica a moderata intensità (Steady State Training), nonostante il volume totale di allenamento molto ridotto. Il dato più significativo riguardo a questi dati era che il volume dell’esercizio, o il tempo speso per svolgere un allenamento HIIT, risultavano tra il 75 e il 90% inferiori rispetto allo steady state training. Questo suggerì che l’HIIT fosse una strategia efficace per indurre degli adattamenti muscolari metabolici e migliorare la prestazione fisica in tempi molto brevi. Dato che la mancanza di tempo è uno degli ostacoli più comunemente citati per l’esecuzione di un regolare esercizio fisico in una buona parte della popolazione, secondo i ricercatori un allenamento HIIT, grazie ai bassi volumi, può rappresentare una valida alternativa al tradizionale esercizio di endurance per migliorare la salute metabolica e ridurre il rischio di malattie croniche. Questo protocollo ha visto indurre il massimo beneficio sulla sensibilità insulinica, con un miglioramento pari addirittura al 35% dopo solo 2 settimane.
PROTOCOLLO TIMMONS
In questa modalità presentata nel 2012 dal professore universitario inglese James Timmons, si dovranno eseguire 3 round composti da 20 secondi ad intensità elevata o in modalità “all out”, come a volte viene chiamata, seguita da 2 minuti di recupero attivo ad intensità blanda. Questo modello ha dimostrato di migliorare la sensibilità insulinica di circa il 20-25% se effettuato 3 volte a settimana. Vediamo infine 3 applicazioni pratiche per le modalità appena analizzate con cui testare i propri allenamenti HIIT.
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