Lento oppure veloce?
Scritto da Marco NeriPARLIAMO DELLA VELOCITÀ DI ESECUZIONE DEGLI ESERCIZI O TUT
Il Time Under Tension (TUT)è certamente un argomento sul quale è facile sentire discussioni infinite e spesso contraddittorie. Il risultato è che nella maggior parte dei casi se ne esce con le idee più confuse di quanto fossero in origine. Aggiungiamo a questo l'alternarsi di mode che (soprattutto ora grazie ai social) si diffondono a livello endemico. Mio parere personale è che di veramente nuovo esiste molto poco; già negli anni 70-80 le tecniche erano messe a punto stabilendo più o meno quello che oggi facciamo quando parliamo di "alta intensità". Forse l’unico parametro che “è cambiato” (ma ora sembra ci sia una inversione di tendenza) riguarda la monofrequenza o multifrequenza; argomento che richiede una trattazione a parte. Comunque, tornando alla velocità proviamo a fare una prima analisi. Dalla lettura del diagramma di Hill fra il rapporto forza-velocità è facile capire che più si va rallentando un gesto e più ci si avvicina al punto statico di massima forza isometrica.
Questo è fisiologico e naturale, accompagnato anche dalla certezza che ci danno molti studi di fisiologia attestanti il come una contrazione isometrica possa essere un buon modo (anche se certamente non l’unico) per ottenere ipertrofia, questo anche legato all'anossia della fibra e alla produzione di lattato. Parlando poi di velocità in palestra durante l’esecuzione di un esercizio non dobbiamo dimenticare che abbiamo anche una difficoltà oggettiva nel valutare con esattezza la velocità usata, questo è possibile solo se si hanno a disposizione strumenti di misurazione (tipo sensori d'applicare sul pacco pesi delle macchine e da sistemare sul bilanciere o sui manubri). Provando a tralasciare questo importante, ma non così diffuso modo di misurare l’allenamento, proviamo a fare alcune considerazioni riferite all'allenamento più “tradizionale”. Il parametro densità dell'allenamento è dato anche dal tempo di tensione muscolare, vale a dire per quanto tempo il muscolo rimane sotto tensione, quindi viene influenzata sia dai tempi di recupero fra una serie e l'altra e sia dalla velocità con cui eseguo la serie (il famoso TUT prima citato). Se volessimo ridurre a questo parametro il "segreto" dell'allenamento avremmo fatto tombola; basterebbe infatti fare serie estremamente lente per avere i massimi risultati. Malauguratamente, anzi fortunatamente (dal mio punto di vista) la realtà è molto diversa. Credo che la pratica sia più efficace di qualsiasi analisi biomeccanica. Provate infatti a pensare la grande differenza che esiste fra i movimenti complementari d'isolamento (croci, alzate laterali, leg extension ecc.) e movimenti base ad alta sinergia (panche, lento, pulley ecc.). Sui primi la tensione si concentra su pochissimi muscoli, soprattutto se ci possiamo avvalere di macchine (cavi, pectoral ecc). Questo significa che anche andando lentamente, analizzando ogni angolo del movimento, lo sforzo rimane concentrato in modo considerevole sullo stesso muscolo stressandolo notevolmente (ed in questo caso le famose cammes di alcune macchine tornano molto utili adeguandosi all’angolo di resa del muscolo).
Se pensiamo ad un movimento base, tipo il pulley o le panche (ma ancora di più su stacchi e squat), avremo che durante il gesto la catena cinetica molto ampia determina l'intervento di molteplici muscoli durante l'arco del movimento. Tutto ciò significa che mentre si esegue l'escursione angolare prevista entreranno in azione sinergica muscoli di diversa forza che possono quindi diventare l’anello debole della catena muscolare coinvolta in un gesto (esempio fallire la distensione su panca nella parte finale non è quasi mai un problema di pettorale ma di tricipite). Credo infatti sia lapalissiano capire come andando lentamente si vada inevitabilmente a mantenere il carico più a lungo anche su questi muscoli più deboli che per forza di cose si stancheranno prima di quelli più grossi (quasi sempre propulsori e non semplici stabilizzatori). Venendo al sodo si verificherà che facendo il pulley lentamente si stancheranno molto prima i bicipiti che i dorsali, mentre sulla panca cederanno i tricipiti piuttosto che i pettorali. Sui movimenti base viene infatti istintivo (anche per la tipologia delle leve in gioco) avere un'azione propulsiva in accelerazione crescente. Sia sul pulley che sulla panca la fase finale è proprio quella che va più a carico dei bicipiti o tricipiti; va quindi a nostro vantaggio cercare di non fermarsi a lungo su quei muscoli che non sono l'obiettivo primario dell'esercizio, occorrerà quindi non rallentare troppo il gesto nella parte finale. Una leggera accelerazione ci permetterà di superare tramite l'energia dinamica questa delicata fase che altrimenti ci porterebbe a finire l'esercizio molto prima di avere esaurito i muscoli principali.
Concludendo, si potrebbe riassumere dicendo che su tutti gli esercizi d'isolamento,soprattutto se eseguiti alle macchine ed ai cavi (che risentono indirettamente dell'angolo di lavoro muscolare rispetto alla gravità), si può ipotizzare un ritmo d'esecuzione lento; questo sia in concentrico che in eccentrico.Viceversa, sui movimenti ad alta sinergia (base), soprattutto se eseguiti con manubri e bilancieri, è consigliabile un ritmo d'esecuzione più esplosivo (di solito in questi casi è l'uso di percentuali di carico elevate che limita forzatamente la velocità del gesto). Una eccezione potrebbe essere fatta sugli esercizi base per i quadricipiti (pressa, squat) dove la catena muscolare ed il sistema di leve esprime forza crescente mentre si completa la fase angolare del gesto, non a caso su entrambi questi esercizi si è molto più forti non in accosciata ma nella fase finale di estensione (infatti questi gesti hanno il massimo rallentamento, quindi la massima possibilità di “fallire” l’alzata, nella parte bassa del piegamento, non nel finale dell’estensione). Rimango comunque della “vecchia scuola” dove il TUT della parte eccentrica è sempre più elevato di quello concentrico.
Su ogni argomento impariamo a ragionare analizzando con senso critico qualsiasi cosa la moda o la tecnica ci proponga; vedrete che poi provando si avranno le sensazioni che ci guidano al capire meglio.
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