Come ti warm-up?
Scritto da Andrea GobbiL’IMPORTANTE È RISCALDARSI O SI PUÒ OTTENERE DI PIÙ?
LE DIVERSE ATTIVAZIONI NELLA FASE DEL RISCALDAMENTO SECONDO LA BIBLIOGRAFIA DEI PIÙ GRANDI PREPARATORI ATLETICI
Con la parola warm-up o riscaldamento intendiamo quella serie di attività che eseguiamo prima dell’allenamento o della performance. Innanzitutto è importante sapere che riscaldarsi è fondamentale prima di svolgere un training, non solo per ridurre la possibilità di infortunarsi, ma per la corretta efficacia dell’allenamento stesso. Anche se il tempo che abbiamo a disposizione è poco, iniziamo sempre con il warm-up! Infatti aiuta l’atleta nella transizione dal mondo esterno al compito specifico che sta per svolgere in palestra o sul campo di gara, e la preparazione deve essere sia mentale che fisiologica. Per alcuni si tratta di una vera e propria routine, quasi scaramantica, che consente di entrare nel giusto mood tramite una ripetizione costante degli stessi gesti. La definizione che più mi piace di warm-up è: “ottimizzare la performance riducendo la possibilità di infortuni durante la competizione o l’allenamento”.
Gli obbiettivi fisiologici comunemente riconosciuti del warm-up sono:
• l’incremento della temperatura corporea;
• l’aumento della frequenza cardiaca e della frequenza ventilatoria;
• la maggior efficacia degli scambi di O2-CO2 sia a livello tissutale che polmonare;
• l’ottimizzazione della velocità della produzione energetica e delle reazioni sia per il metabolismo aerobico che anaerobico;
• l’aumento dell’escursione articolare sia grazie a un miglior rendimento meccanico, che grazie alla riduzione della viscosità muscolo-connettivale.
Vediamo insieme com’è strutturato un Warm-up tradizionale, o meglio come dovrebbe essere strutturato un warm-up tradizionale. In primis si esegue un’attività aerobica di basso impatto ad esempio jogging, bike, rowing o movimenti base a corpo libero in continuità sequenziale per ottenere un incremento della temperatura corporea e un minor senso di costrizione delle articolazioni per circa 10-15’. Alcuni a questo punto inseriscono dello stretching dinamico o statico. Per molti allenatori e atleti si potrebbe concludere qui e iniziare con la parte centrale dell’allenamento. In realtà anche nella modalità più tradizionale bisognerebbe andare oltre e curare meglio la nostra preparazione al movimento.
Grandi Autori si sono cimentati nella riorganizzazione del Warm-Up. Ian Jeffreys, autore del libro ‘The Warm-up’, ci insegna l’acronimo R.A.M.P. (che sta per Raise, Acivate, Mobilize, Potentiate) per dare un’idea di ordine organizzativo del riscaldamento.
Raise, ovvero solleva, innalza, questo termine racchiude la parte dedicata all’attività cardio-polmonare e metabolica; activate significa attivare, e sposta l’attenzione sull’aspetto neuro-muscolare, puntando all’attivazione dei gruppi muscolari specifici che più saranno stimolati nella seduta; il termine Mobilize è riferito all’incremento della mobilità articolare; con Potentiate c’è la chiave di svolta, infatti l’autore a questo punto suggerisce una serie di possibili attività che spesso si inseriscono direttamente nel corpo centrale dell’allenamento.
Sono previste esecuzioni pliometriche, accelerazioni e sprint, e altre attività ad alto impatto neurale come esercizi di azione-reazione con un partner, con led luminosi o con stimoli visivi, uditivi o cinestetici impartiti dal coach stesso. Quindi si ricerca intensità simile a quella di gara e una preparazione del sistema neuro-muscolare sfruttando l’effetto P.A.P. (post activation potentiation). Michael Boyle ci suggerisce un altro sistema preparatorio. Secondo Boyle, per prima cosa, ancora da “freddi”, bisogna iniziare con il self myofascial release. Ovvero massaggiare tramite l’ausilio di foam roller, grid, mattarelli e AcuBall la muscolatura, in modo da rilasciare le fasce e consentire un miglior afflusso di sangue, ossigeno e nutrienti al muscolo, nonché una miglior ricettività nervosa. Si parte dalla pianta del piede e si prosegue a salire, lungo tutta la muscolatura della gamba, il gluteo, la fascia lata e la zona dorsale. Discorso a parte e più delicato, che richiederebbe maggior approfondimento, per quanto riguarda la zona lombare e cervicale. In seguito si passa allo stretching statico (si avete letto bene), allo stretching dinamico eseguito sempre in un’ottica joint by joint, e alle andature preparatorie lineari, laterali e/o verticali o multidirectional (a seconda del focus dell’attività principale del giorno di allenamento che seguirà).
Mark Verstegen si avvicina molto al modello di Boyle e partendo dal presupposto che ai tradizionali metodi di riscaldamento manca specificità del movimento, coordinazione e velocità esecutiva, innanzitutto lui cambia il termine Warm-up in Movement Preparation, suggerendo una nuova definizione del warm up: “un approccio integrato per preparare l’atleta fisicamente e mentalmente alle richieste dell’allenamento o della competizione attraverso un progressivo e specifico percorso preparatorio.”
Il percorso da lui suggerito si sviluppa in 5 momenti ben definiti, che vengono attuati in sequenza dopo aver “rullato” fasce e muscoli con foam roller e AcuBall.
1. Movimento generale
2. Hip Activation
3. Dynamic Stretching
4. Movement integration
5. Neural Activation
APPROFONDIAMOLI UN PO’ LE CARATTERISTICHE DEI SINGOLI
1. Movimento generale
Il focus è l’incremento della temperatura corporea, frequenza cardiaca e ventilatoria. Bisogna scegliere la tipologia di pattern motori che più si avvicina a quello che faremo nella fase centrale dell’allenamento.
2. Hip activation
Si possono sfruttare le miniband e, come suggerisce il titolo, il focus è incentrato su estensori, flessori, abduttori e adduttori dell’articolazione principalmente coinvolta negli sport. Ovviamente anche il core ha la sua parte in questo andandosi ad aggiungere e a svolgere prima ancora della movement preparation, ma ne parleremo al corso di Preparatore Atletico.
3. Dynamic stretching
Un insieme di movimenti ad ampio raggio d’azione atti a raggiungere ROM articolari più adeguati alla performance, scelti sulla base della specifica esigenza della seduta che seguirà, tenendo conto sia delle direzioni (lineare, laterale, rotazionale/multidirezionale) che della muscolatura maggiormente coinvolta. Risulta più utile ai fini preparatori alla performance dello stretching statico.
4. Movement integration
Questa parte è molto interessante ed è forse la più rivoluzionaria suggerita dall’ approccio di Verstegen. Infatti giunti a questo punto, ci si deve dedicare a riprodurre (... e correggere dove necessario) una progressione che metta in gioco tutte le componenti di movimenti globali quali Sprint e balzi. Partendo dal miglioramento della posizione del piede nella marcia lineare, fino alla flessione della coscia sull’ anca nello skip; dal “push off” del contatto a terra alla posizione del braccio rispetto al tronco. Grazie a questo, il riscaldamento diventa il primo momento in cui lavorare sul miglioramento tecnico. Anche in questa parte si terrà conto dell’obbiettivo della seduta per decidere le esercitazioni più congeniali al proseguimento dell’allenamento, ad esempio se la seduta sarà dedicata ai cambi di direzione, ci si concentrerà di più sui movimenti rotazionali che portino attenzione al mantenimento dell’asse longitudinale ad angoli consoni ad un corretto cambio di direzione.
5. Neural activation
Questa parte è interamente dedicata al P.A.P. Movimenti rapidi, riflessi e repentini, a ridotto o ampio ROM, di brevissima o breve durata e che possono essere di tipo reattivo a ad attivazione autonoma. Il tutto con il solo obbiettivo di attivare al meglio il sistema Neuro-Muscolare del nostro atleta.
PER CONCLUDERE QUALCHE LINEA GUIDA
La parte dedicata all’attivazione generale può essere di 5-6 minuti ed avere 3-4 tipologie di movimenti diversi ma specifici (movimenti calistenici, jogging o rowing).
Hip Activation avrà una durata di 2/3 set da 10/15 ripetizioni con 2 o 3 movimenti scelti sulla base della direzione principale decisa per l’allenamento.
Dynamic Stretching, da eseguire sul posto o in avanzamento non deve superare i 6-8 movimenti, 2 set, 5 o 6 ripetizioni, anche perché non si tratta di una seduta dedicata al miglioramento della mobilità articolare in assoluto, che richiede ben altre specifiche, ma di un momento di attivazione che si concluda in 4-5 minuti.
Movement integration, 4 o 5 movimenti, 1 set, 10 -15 metri lineari o 10-15 ripetizioni a seconda della tipologia di esercizi.
Neural Activation, 4 o 5 movimenti, 1 o 2 set da 3”/7”, con un partner in modalità “challenge” o con partenza in risposta a stimoli indotti dal coach o altri strumenti.
Quindi ...Warm Up prima della performance? Assolutamente sì!
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