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La vittoria della mente in un potente acronimo: S.F.E.R.A.

Scritto da Paolo Roccuzzo

L’INCONSCIO, COME FONDO OSCURO, VIENE A COINCIDERE CON IL DESTINO ED È ALLORA NECESSARIO MODIFICARE L’INCONSCIO PER MODIFICARE IL DESTINO

Lavorare sulla mente per lavorare meglio sul corpo: possibile? Parlando di allenamento mentale o mental coaching, si ha spesso l’errata convinzione che si tratti di un mondo a parte in cui solo alcuni addetti ai lavori possono entrare. Si pensa inoltre che l’allenamento mentale sia un aspetto della pratica sportiva secondario rispetto ad altri fattori oppure che si tratti di qualcosa di talmente complesso e astratto da non prendere in considerazione. Di fatto, ai nostri giorni, a parlarne con entusiasmo sono proprio gli atleti che hanno provato e sperimentato l’efficacia del lavoro mentale su di loro. Nella mia esperienza di formatore e operatore del settore fitness e preparazione atletica mi sono imbattuto in uno dei metodi, a parer mio più efficaci, il metodo SFERA che nasce appunto dal lavoro sul campo con atleti professionisti, tecnici e preparatori atletici operanti in diverse discipline sportive. In particolare tale metodo serve per riunire in un acronimo di facile memorizzazione i cinque punti fondamentali per una buona preparazione mentale, che poi si tradurrà in risultato sul campo. Questi cinque fattori, come vedremo, sintetizzano in modo esaustivo tutto ciò di cui l’atleta ha bisogno per realizzare la sua massima prestazione in pratica. La SFERA è stata ideata raccogliendo l’esperienza di numerosi atleti professionisti adulti ma è poi stata sperimentata, con gli stessi risultati di successo, anche con atleti non professionisti di diverse età, compresi bambini e ragazzi dagli 11 ai 18 anni. Tale metodo di indagine, attraverso alcune domande specifiche riesce ad evidenziare quali sono le aree psicologiche che l’atleta deve potenziare per ottenere una prestazione di eccellenza. Esistono diversi esercizi, anche molto semplici, che vengono insegnati all’atleta in modo che egli, in autonomia, possa lavorare sul rinforzo delle aree mentali in cui risulta essere più debole. Una volta che l’atleta ha imparato il metodo, può analizzare da solo l’andamento dell’allenamento o della gara ed essere così consapevole del suo stato mentale, dei suoi punti di forza e delle sue aree di miglioramento. E’ possibile che qualcuno, magari abituato a passare molte ore sul campo a fare cose “pratiche” possa trovare perlomeno curioso pensare di far sedere gli atleti, dotarli di un foglio e di una matita colorata e chieder loro di completare una sfera rispondendo a domande. Per quella che è la mia esperienza, questo lavoro se proposto nel modo giusto risulta estremamente divertente e stimolante per atleti di qualsiasi età e di diverso livello.

disegno sfera

Cosa indica l’acronimo SFERA? Andiamo a spiegare.

“S” come SINCRONIA
La sincronia è la capacità di essere completamente presente a ciò che sto facendo nel momento in cui lo sto facendo. Sono in sincronia ogni volta che penso all’azione che sto svolgendo. La mia mente è concentrata su ciò che il mio corpo fa. Non sto pensando a niente altro. Faccio un esempio di pensiero indicatore di una scarsa sincronia: “ho paura di sbagliare”. Questo, ovviamente, è solo un esempio che ci fa capire però che ogni volta che siamo in scarsa sincronia la nostra mente non si sta concentrando sul momento presente ma si fissa su pensieri che appartengono a esperienze passate o a situazioni che dovranno ancora avvenire. In ogni caso, il risultato è che il mio corpo è qui e sta giocando e la mia mente sta pensando ad altro.

“F” come punti di FORZA
I punti di forza sono quelle situazioni di cui siamo assolutamente certi e che sappiamo di poter usare a nostro vantaggio in ogni occasione. Riconosciamo nei nostri punti di forza ciò che fa la differenza rispetto agli altri. Ogni atleta ha sicuramente almeno tre punti di forza: uno fisico, uno atletico e uno mentale. Troppo spesso ci dimentichiamo di che cosa siamo capaci e ci concentriamo invece su tutto ciò che non sappiamo fare. Il campione è colui che è perfettamente consapevole delle sue aree di futuro miglioramento e in allenamento si concentra sul potenziamento di questi limiti, ma quando scende in gara ha la straordinaria capacità di concentrarsi solo su ciò che sa fare bene, dimenticando per un attimo tutto ciò che non va. Avrà l’allenamento successivo per concentrarsi sui suoi punti deboli; in gara si va solo con i punti di forza.

Un esempio di pensiero che indica una scarsa consapevolezza dei punti di forza: “lui è più bravo di me”. Ogni volta che la nostra mente, in occasione di una prestazione importante, si concentra su ciò che non sappiamo fare, noi ci indeboliamo e abbiamo più probabilità di fallire. Ovviamente, nell’identificare i nostri punti di forza dobbiamo scegliere dei punti in cui effettivamente sappiamo (con conferma dall’esterno) di essere realmente forti, altrimenti si è preda dell’illusione.

“E” come ENERGIA
L’energia è ciò che noi utilizziamo per svolgere un compito, per raggiungere un obiettivo, per proseguire in un progetto. L’energia fisica è ciò che consente il movimento corporeo ma l’energia mentale è altrettanto fondamentale. Quante volte ci siamo ritrovati a dover fare qualcosa senza averne molta voglia e ci siamo sentiti stanchi ancora prima di iniziare. Eppure magari non avevamo fatto in precedenza nulla che giustificasse un così grande affaticamento. Questo è un esempio di poca energia. Al contrario invece può esserci capitato di svolgere un compito con tanto impegno e passione da impiegare il 200% delle nostre risorse. E alla fine, seppur soddisfatti del risultato, ci sentivamo svuotati ed esausti. Questo è un esempio di troppa energia che però porta allo stesso risultato dell’averne poca. L’atleta avanzato sa di dover dosare in egual misura l’energia per affrontare la prestazione in maniera costruttiva. E’ facile vedere una persona con un’elevata energia perché tende ad essere dinamica, attiva, grintosa, loquace. Al contrario quando si dispone di poca energia si risulta poco dinamici, apatici, taciturni, sottomessi. Per chi svolge la professione di Preparatore Atletico suggerisco un piccolo strumento di riflessione: provate ad osservare il comportamento dei vostri atleti prima di una gara importante: ci sarà chi è molto “carico” e spreca molta energia in cose inutili (es. parla molto di più, ride nervosamente, grida, aggredisce chi gli sta intorno, si muove costantemente…) e altre persone con un livello di energia più basso (es. stanno sedute e non si muovono, non parlano, non ridono con gli altri, sembrano quasi annoiate dalla situazione e si sentono stanche). La giusta via di mezzo è la condizione ottimale per avere un livello efficace di energia.

“R” come RITMO
Esiste una differenza tra Energia e Ritmo? L’energia è la dimensione della quantità, il ritmo è la dimensione della qualità. Faccio un esempio: devo piantare un chiodo nel muro avendo a disposizione il miglior martello e il migliore chiodo possibile. Se ho poca energia non riesco a piantarlo, se ne ho troppa rischio di spaccare il chiodo nel muro. Il ritmo è ciò che genera il flusso giusto nella sequenza dei movimenti, la giusta alternanza tra “il tenere il chiodo e il battere col martello”. Fare le cose nel giusto ritmo significa saper alternare in modo equilibrato momenti di attività e momenti di pausa, seguendo quelle che sono le esigenze fisiologiche del nostro organismo. Non rispettare il proprio ritmo vuol dire fare le cose troppo velocemente oppure troppo lentamente, generando in entrambi i casi delle sensazioni sgradevoli. Nel caso di un ritmo troppo veloce si ha la sensazione di non riuscire a stare dietro agli eventi, nei casi estremi in ansia. Quando si mantiene un ritmo troppo lento invece si ha la sensazione di non andare avanti, il tempo non passa più, ci si sente annoiati.

“A” come ATTIVAZIONE
L’attivazione ha a che fare con la passione che guida le attività che vengono svolte; è il motore motivazionale. E’la massima espressione della passione che ci permette di superare i limiti, di allenarci duramente, di proseguire anche nella sofferenza e di ricominciare dopo un infortunio. È quella forza interiore che alimenta, ogni giorno, il nostro sogno di atleti o di tecnici, indirizza il nostro comportamento, genera armonia ed equilibrio nel fare e nel dirigersi verso l’esperienza desiderata. In questa dimensione vengono usati, al massimo livello e con naturalezza, entrambi gli emisferi del cervello. È una dimensione emotiva che si può descrivere in modo approssimativo ma chi vive lo stato di attivazione si sente pronto per fare ciò che deve fare. Lo fa con gioia, con divertimento, con passione e con motivazione (che può suonare come: sono qui ora per fare questo e per farlo bene). Si può usare questo metodo di autovalutazione dopo ogni gara, ogni allenamento, per iniziare ad essere consapevole di quelle aree del proprio atteggiamento mentale che potrebbero essere potenziate. Si può inoltre proporre tale ricerca agli atleti che seguiamo in modo che ciascuno di loro possa iniziare a capire che cosa succede nella sua mente ogni volta che scende in campo. L’unica accortezza che bisogna avere è l’adattare il proprio linguaggio a seconda dell’età della persona con cui interagiamo: fino agli 11 anni i bambini hanno un pensiero di tipo concreto e potrebbero fare fatica nel ragionare in modo astratto rispetto ai cinque fattori della SFERA. Una volta capite le proprie aree di miglioramento, bisogna lavorare per potenziarle. L’essere diventato consapevole dei propri limiti e dei propri punti di forza, ci renderà più potente nell’ atteggiamento mentale. Ci sono inoltre numerosi esercizi e tecniche che si possono mettere in atto per ottimizzare gli aspetti carenti. Con i bambini dai 6 ai 9 anni circa esistono due modi classici per insegnar le cose: spiegare o mostrare. I bambini copiano e imparano, iniziano a crearsi delle piccole sfere che cresceranno con loro e li accompagneranno nella pratica sportiva. Chi di loro continuerà, magari scegliendo la via dell’agonismo, ritroverà in sé ciò che noi, attraverso il nostro metodo di allenamento, gli abbiamo insegnato. Guardiamo più nel profondo di tale metodica. La base del modello SFERA è di tipo costruttivista.  Nello specifico, il pensiero costruttivista si basa sul principio per cui solo l’esperienza è la causa primaria della realtà percepita, e solo noi siamo responsabili della sua “creazione”. Se osserviamo i problemi, gli imprevisti e nel caso dello sport anche le sconfitte come delle opportunità per migliorarci, anche i nostri traguardi saranno di alta qualità. Al contrario se cerchiamo all’esterno le responsabilità, scaricando sugli altri le colpe per i nostri insuccessi, sicuramente otterremo l’effetto diametralmente opposto. Lo psicologo e filosofo austriaco Paul Watzlawick e lo psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero Carl Gustav Jung furono tra i maggiori sostenitori di tale filosofia. Nei loro studi, essi affermano che essere costruttivisti sia un valido aiuto per sviluppare un approccio mentale orientato a una migliore qualità di vita, portando come naturale conseguenza un benessere anche mentale. Riprendendo un concetto che in passato è stato utilizzato da Schilder e da Kretschmer, Giuseppe Vercelli, ideatore del metodo, nonché responsabile della’Area Psicologica della Juventus University, identifica nella “sfera” una simbolizzazione della condizione mentale della prestazione di eccellenza, poiché essa rappresenta la perfezione. Pertanto, essa coincide con la consapevolezza del ruolo svolto dalla costruzione del mondo da parte della mente, sulla base di una “percezione immaginativa” che consente all’ atleta di creare un elaborato di tutto ciò che sfugge alla normale attività percettiva.

In conclusione come diventare mentalmente vincenti? Alcune riflessioni in sintesi...

1. Comprendere i propri meccanismi mentali
2. Trovare la chiave per sbloccare la mente da convinzioni autolimitanti
3. Praticare l’allenamento mentale
4. Integrare la parte mentale con quella tecnica:

Mente-Corpo Beh, come terminare un articolo simile? Forse sottolineando il fatto che il metodo funziona: lo applico dal 2013 su me e i miei allievi e posso garantire la sua efficacia.

Una considerazione finale: parliamo del futuro, e non solo ad alto livello.
Il personal trainer, il preparatore atletico, l’addetto ai lavori devono ormai lavorare su un doppio piano: quello fisico e quello psichico.
Il resto, è il passato.

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