Carico proteico, salute renale e alimentazioni vegane
Scritto da Marco NeriDUE STUDI SCIENTIFICI PER UN'ANALISI PIÙ APPROFONDITA SULLE PROBLEMATICHE DELL’APPORTO PROTEICO NELLA MALATTIA RENALE CRONICA E SULL’INCIDENZA DELLE PROTEINE VEGANE NELLA RIDUZIONE DEL CANCRO E DELLE PATOLOGIE METABOLICHE
So bene che il titolo è vastissimo, un poco presuntuoso e dalle molteplici interpretazioni, ma ritenendomi persona di apertura mentale mi sembrava giusto condividere la lettura di un paio di studi. Chi mi conosce sa che non sono vegano e che nella mia filosofia trovo difficoltà ad abbracciare in toto una tale scelta nutrizionale; ciò non toglie che ho il massimo rispetto per chi segue questo tipo di corrente. Ho voluto però analizzare i contenuti di 2 studi, uno recente (marzo 2019) e l’altro più datato (1999); entrambi analizzano le “potenzialità” di alimentazioni a base vegetale. Il primo ha come titolo “Adequacy of Plant-Based Proteins in Chronic Kidney Disease”, quindi l’analisi dell’uso delle proteine vegetali nelle malattie renali; uscito su J Ren Nutrition marzo 2019 (Joshi S). In questo studio si analizzano le problematiche dell’apporto proteico nella malattia renale cronica. Le linee guida che emergono sottolineano come “potenzialmente” le proteine animali possano contribuire al peggioramento di altri parametri come la pressione sanguigna, l’acidosi metabolica e l’iperfosfatemia. Le proteine di origine vegetale possono invece essere sufficienti per soddisfare i requisiti sia di quantità che di qualità. È stato osservato che coloro che consumano principalmente diete a base vegetale consumano circa 1,0 g / kg / giorno di proteine, questo considerando che normalmente nei pazienti con insufficienza renale cronica consigliano 0,7-0,9 g / kg / die di proteine. In chi ha sostituito le proteine animali con quelle vegetali non si sono riscontrati effetti negativi; inoltre hanno mostrato una riduzione della gravità dell’ipertensione, dell’iperfosfatemia e dell’acidosi metabolica. La conclusione è che le proteine vegetali, se consumate in una dieta variata, non sono solo particolarmente adeguate dal punto di vista nutrizionale, ma hanno effetti che inducono molteplici cambiamenti positivi nei pazienti con insufficienza renale cronica. Si sottolinea che occorre ben dosare le componenti aminoacidiche degli alimenti per evitare carenze di essenziali che comporterebbero, soprattutto in una alimentazione con quota proteica così bassa, un possibile catabolismo, questo soprattutto in presenza di attività fisica.
Il secondo studio, pubblicato su med Hypotheses nel dicembre 1999 (McCarty), ha come titolo “Vegan proteins may reduce risk of cancer, obesity, and cardiovascular disease by promoting increased glucagon activity”, quindi come le proteine vegane possono ridurre il rischio di cancro, obesità e malattie cardiovascolari promuovendo una maggiore attività del glucagone. Quella che riporto in seguito è in pratica la traduzione dell’abstract. “Gli aminoacidi modulano la secrezione di insulina e glucagone, quindi anche le proteine che assumiamo possono farlo. Le proteine di soia sono più elevate negli aminoacidi non essenziali rispetto alla maggior parte delle proteine alimentari di origine animale e, di conseguenza, dovrebbero preferibilmente favorire la produzione di glucagone. Agendo sugli epatociti, il glucagone promuove (mentre l’insulina inibisce) i meccanismi che riducono la regolazione degli enzimi lipogenici e la sintesi del colesterolo. Vengono invece regolati i recettori LDL epatici (colesterolo “cattivo”). Le proprietà insulino-sensibilizzanti di molte diete vegane - ad alto contenuto di fibre, a basso contenuto di grassi saturi - dovrebbero amplificare questi effetti riducendo la secrezione di insulina. Inoltre, il contenuto di aminoacidi essenziali relativamente basso di alcune diete vegane può ridurre la sintesi epatica di IGF-I (ottimo per l’ipertrofia ma molti oncologi ne guardano con timore gli eccessivi sbalzi). Pertanto, ci si può aspettare che le diete a base di proteine vegane abbassino i livelli sierici di lipidi, promuovano la perdita di peso e diminuiscano l’attività IGF-I circolante. In effetti i vegani tendono ad avere lipidi sierici bassi e una riduzione del rischio per alcuni tumori tipicamente “occidentali” (carcinoma mammario e del colon, nonché al carcinoma prostatico); hanno però fisici magri e mediamente una statura più bassa. Una dieta vegana ha documentato l’efficacia clinica nell’artrite reumatoide. L’elevata attività dell’IGF-I associata alla forte ingestione di prodotti di origine animale potrebbe essere in gran parte responsabile dell’epidemia di tumori tipici nelle società benestanti. Un aumento dell’assunzione di sostanze fitochimiche (come quelle contenute in molti alimenti vegetali) può potenzialmente contribuire alla riduzione del rischio di cancro nei vegani. La regressione delle stenosi coronariche è stata documentata durante le diete vegane a basso contenuto di grassi (soprattutto se abbinate ad allenamento); tali regimi tendono anche a migliorare notevolmente il controllo diabetico e abbassare la pressione sanguigna. Il rischio di molti altri disturbi degenerativi può essere ridotto nei vegani.
Come sempre, se ci si diletta a cercare sui motori di ricerca scientifici, è facile trovare anche tesi opposte; a mio avviso , come spesso accade, la verità sta nel mezzo e non possiamo parlare genericamente di alimenti se non sappiamo come sono stati allevati gli animali da carne oppure che tipo di coltivazione (ed in quale contesto) sono state cresciute le piante da cui si traggono alcuni alimenti. Alla base ci dovrebbe essere la ricerca della qualità nella catena alimentare, poi certamente occorre fare la scelta delle fonti, dove anche qui sono certo che occorra avere una varietà di opzioni dove tendenzialmente non si dovrebbe escludere nulla. Lo so, sembrano i consigli della nonna ma queste soluzioni vanno poi calibrate in base a gusti, obiettivi e biotipologia fisica. è molto difficile avere la soluzione preconfenzionata adatta a tutti. Vorrei sottolineare che studi anche recenti evidenziano come, in persone sane (e soprattutto sportive), una alimentazione con importante componente proteica non crea particolari problemi renali. Questo per “tranquillizzare” i tanti amanti del fitness e del resistance training che seguono alimentazioni con una sostanziosa presenza proteica. L’importante, come sempre, è non esagerare!
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