GRASSO È BELLO! L’IMPORTANZA DEGLI ASPETTI POSITIVI DEL CONSUMO DEI GRASSI
Scritto da dott. Marco NeriVa bene, capisco già che qualcuno che mi conosce ironizza su questo titolo pensando che voglio “spezzare” una lancia riguardo alle persone di importante “prestanza” fisica, in realtà il tema dell’articolo riguarda i grassi come alimenti; delle molecole che fino agli anni 90 venivano accusate di qualsivoglia nefandezza salutistica, poi, con l’avvento di una certa “apertura” dietetica, ci si è accorti che in realtà i grassi sono delle brave persone, certo, all’interno della loro categoria ci sono dei “malvagi” ma in linea di massima sono molto più importanti i possibili aspetti positivi che non quelli negativi legati al loro uso.
Volendo conoscere meglio questi “amici” occorre per prima cosa risalire alla loro divisione primaria cioè fra grassi saturi e insaturi. I primi comprendono i grassi animali più alcuni olii come quello di cocco e di palma, mentre i secondi sono prevalentemente gli olii vegetali tipo oliva o di semi (girasole, mais, lino, arachide e altri).
I saturi sono detti tali in quanto nella loro struttura non ci sono doppi legami mentre negli insaturi ci sono uno o più doppi legami fra Carbonio e idrogeno; da questa particolarità la denominazione monoinsaturi o polinsaturi.
Il successo delle diete ad alto livelli di grassi (come la chetogenica) ha decretato il grande interesse verso le svariate funzioni dei grassi, ma anche verso li “manipolazioni” che il sistema industriale adopera per utilizzare convenientemente questi macronutrienti.
Il problema è che troppe volte ci si dimentica di leggere, e soprattutto “tradurre” le scritte riportate sulle etichette. Troppe volte appare infatti la scritta “olio vegetale idrogenato”; un termine apparentemente innocuo e che riporta invece una importante e negativa lavorazione che ha subito quel tipo di grasso, infatti partendo da una struttura mono o polinsatura si è intervenuti con un processo industriale detto “saturazione di idrogeno” o idrogenazione, Si tratta di un metodo chimico attraverso il quale gli acidi grassi vengono “parzialmente saturati”, con conseguente trasformazione di un olio vegetale in un grasso solido.
Questo procedimento viene generalmente adottato perché il risultato è un prodotto finale che si conserva più a lungo. Purtroppo il processo di idrogenazione ha anche l’effetto collaterale di trasformare alcuni legami chimici dalla forma cis alla forma trans.
Inoltre costano meno rispetto ad un tipico grasso animale come Burro o strutto. Come già detto con l’idrogenazione il grasso cambia la sua struttura che viene denominata “trans”, termine dalla valenza certamente negativa dal punto di vista nutrizionale. Questo tipo di grassi “manipolati” ha più effetti negativi anche rispetto ai tradizionali grassi animali reperibili in natura (tipo burro), infatti oltre all’azione di aumentare il colesterolo totale aumentando le LDL, detto anche colesterolo “cattivo” (mi perdoni in dott. Bargossi per essere ricaduto in questo luogo comune), abbassano quello protettivo “buono” HDL, ma danneggiano anche le membrane cellulari.
A titolo di “ripasso generale” ricordiamo che il rapporto fra colesterolo totale e HDL dovrebbe essere inferiore a 4,5, tanto per intenderci, se avete 200 di colesterolo totale e 50 di HDL il rapporto risulta 4 ed è positivo.
Tornando ai nostri grassi “Trans”, è quindi molto importante leggere le etichette dove in base al Regolamento europeo 1169/2011 è obbligatorio che in etichetta venga segnalata la presenza di grassi idrogenati (anche se solo parzialmente) mentre precedentemente ci si poteva limitare ad un generico “grassi vegetali”. Fino a qui solo cattive notizie, ma va da sé che per ogni effetto negativo la famiglia dei grassi promuove tantissime altre funzioni positive. Infatti gli olii vegetali mono e poli insaturi sono un vero rinforzo per la salute.
Fra questi un acido grasso particolare, denominato Omega 3 è un prezioso grasso essenziale (quindi non sintetizzabile dal nostro organismo) che sta dimostrando le sue molteplici funzioni in molte situazioni e meccanismi fisiologici. La distribuzione prevalente dei grassi nei principali olii è la seguente:
Grassi Monoinsaturi:
Olio di oliva, di arachide, di avocado
Palmitoleico, oleico, eicosanoico, erucico
Grassi Polinsaturi:
Olio di vinacciolo, mais, girasole, soia
Linoleico, linolenico, arachidonico
Grassi Polinsaturi Omega 3:
Olii di pesce o estratti da alghe
Eicosapentanoico, decosaesanoico
I grassi essenziali (EFA) sono:
Omega 6 ACIDO LINOLEICO “AL” (presente nei grassi polinsaturi)
Omega 6 ACIDO LINOLENICO (presente nei grassi polinsaturi)
A questi si associano il:
Omega 3 ACIDO EICOSAPENTAENOICO “EPA” (presente nell’olio di pesce)
Omega 3 ACIDO DECOSAESANOICO “DHA” (presente nell’olio di pesce)
La presenza nella dieta di una cospicua dose di grassi mono e polinsaturi, ricca di grassi essenziali porta una serie di vantaggi che possono essere così sintetizzata:
1. migliorata resistenza all’insulina con minore probabilità di trasformare in grasso i carboidrati;
2. i grassi abbassano l’indice glicemico dei cibi stabilizzando l’insulina e la fame;
3. giusto apporto di vitamine liposolubili (A-D-E-K);
4. ottimale ricambio della membrana cellulare e della cute;
5. massimizzare la produzione di eicosanoidi che regolano la produzione ormonale e biologica;
6. positivizzare il rapporto fra il colesterolo HDL e LDL;
7. aiutare il corpo a ridurre la produzione endogena di colesterolo;
8. stabilizzare la temperatura e la pressione (azione sulle prostaglandine);
9. contributo alla salute dell’apparato tendineo e nervoso;
10. migliore concentrazione e resistenza psico-fisica (fosfolipidi celebrali).
Alla luce di queste considerazioni è facile capire come la presenza nella dieta di almeno 40 gr di olii sia basilare, questo senza dimenticare il possibile (e spesso consigliato) utilizzo di semi e frutta secca tipo mandorle, nocciole, arachidi, noci ecc., alimenti che hanno una cospicua presenza di EFA. Tutto questo parlare di grassi non può, oltre ad avervi fatto venire fame, anche fatto venire alla memoria tutti i fondamenti legati ai principi della cosiddetta “Dieta a zona”, dove, per il migliore controllo insulinico e produzione ottimale dei ormoni come gli eicosanoidi, si consiglia una proporzione calorica fra carboidrati, grassi, proteine di 40-30-30; quindi con un buon aumento della quota lipidica (solitamente attestata intorno al 20%), ma al di la dell’aspetto quantitativo, Sears (ideatore della “zona”) insiste sulla qualità dei grassi, soprattutto sul rapporto fra Omega 6 (Certamente fin troppo facili da reperire nella dieta partendo da “LA” acido linoleico) ed i preziosi Omega 3. tale rapporto dovrebbe essere idealmente di 1:1 (mentre sale anche al 15/20:1 in molte diete da fast food o con grassi “sbagliati”). Questo rapporto va bene anche con proporzioni da 4/6:1 soprattutto se gli omega 6 sono ricchi di un acido grasso particolare il GLA (acido Gamma Linolenico) presente in olio di Borragine, di Enagra, di ribes nero e nell’avena. Questo acido grasso è prodotto anche endogenamente dal corpo partendo da Acido Linoleico “AL” tramite un enzima detto delta-6-desaturasi che però fa “a pugni” con l’insulina. Il GLA risulta un anello chiave per produrre poi gli ormoni ecosanoidi positivi, questo spinto anche da un basso livello di Insulina. Ritornando al discorso di origine, quando parlavamo dei grassi “cattivi”, ricordiamoci che se nella alimentazione c’è una ricchezza di grassi saturi e di “Trans”, purtroppo si inibisce pesantemente la possibilità di azione dei grassi buoni, infatti si nota solitamente un aumento dell’acido arachidonico (AA) che porta alla creazione di sostanze infiammatoria, creatrici di trombi, pro allergeniche ecc (TroboxanoA2, PGe2, Leucotrieni).
All’inizio di questo articolo abbiamo citato le diete chetogeniche, quidni a base essenzialmente di grassi e proteine e dove c’è un’elevata attenzione verso i cosiddetti MCT (grassi a catena media), estratti soprattutto dal cocco che pur essendo saturi sono poco aterogeni (cioè che favorisce l’aumento del colesterolo). Questa tipologia di grassi attraversa molto rapidamente la doppia membrana mitocondriale formando grosse quantità di acetyl-coA. Per questo motivo sono considerati fortemente favorenti la sintesi di corpi chetonici, quindi con grande propensione energetica anche in condizioni di scarsa disponibilità carboidrati (molti sport di endurance li stanno usando anche durante le gare)
Alla fine, tanto per cercare di fare ordine in tutta questa marea di sigle, le raccomandazioni sono:
• usate con moderazione (ma una quota è solo utile) i grassi animali
• non usate cibi che contengano grassi “trans” idrogenati
• usate tranquillamente olio crudo
• usate tranquillamente frutta secca oleosa (mandorle, noci, nocciole ecc.)
• arricchite la dieta con Omega 3 (EPA e DHA) e Omega 6 (sella serie GLA)
• non abusate in carboidrati ad alto indice glicemico (sbalzi insulinici)
• frazionate molto le assunzioni di cibi durante il giorno e curate che sia presente spesso una quota di “grassi buoni”
Detto questo non mi rimane che augurarvi buon appetito e, ricordatevi che i grassi sono “brave persone”, basta sapere come prenderli!
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