IL PERSONAL TRAINER “a tutto tondo”
Scritto da Paolo Roccuzzo e Alessandra PompeianiIL CONNUBIO IMPRESCINDIBILE TRA LA GINNASTICA POSTURALE E L’ALLENAMENTO CON SOVRACCARICHI
problèma s. m. [dal lat. problema -ătis «questione proposta», gr. πρόβλημα -ατος, der. di προβάλλω «mettere avanti, proporre»] (pl. -i). – 1. Ogni quesito di cui si richieda ad altri o a sé stessi la soluzione, partendo di solito da elementi noti. In partic.: a. In matematica, quesito che richiede la determinazione o la costruzione di uno o più enti (numeri, funzioni, figure geometriche, insiemi, ecc.) che soddisfino alle condizioni specificate nell’enunciato del problema: i dati, i termini di un p.; formulare, proporre un p.; impostare, risolvere un p.; lo svolgimento, o la risoluzione, di un p.; la risposta a un p.; p. di facile o di difficile soluzione.
Il personal trainer oggi opera in un mercato che negli ultimi venti anni ha subito profonde trasformazioni di “contenitore e di contenuto”: ci muoviamo all’interno di un sistema di riferimento sovraffollato da sedicenti operatori non certificati, da una parte, dall’altra, gli utenti sono molto meno semplici da condurre e soprattutto, molto più problematici a livello osteo-artro-muscolare e a livello psico-emozionale. Questi due elementi necessitano di professionalità sempre maggiori che facciano da crossover tra discipline contigue ma che, al contempo, siano anche ben “addentro” la materia. I puristi potrebbero obiettare come la mission del personal trainer sia quella di condurre a risultato una persona dedicandole un viatico costruito attorno a più discipline (alimentazione e integrazione, allenamento, recupero funzionale, tecniche olistiche) ma senza immergersi troppo in ciascuna di queste (tranne che l’allenamento) per non scavalcare quella barriera imposta dagli albi (laddove ci siano). Nel rispetto di tale assunto bisogna invece oggi più che mai andare oltre, approfondendo non poco le informazioni per padroneggiarle al meglio: la clientela che ci si rivolge mostra molteplici fragilità anche solo trenta anni addietro neanche considerate, e queste mostrano un legame quasi di dipendenza dalla sfera psichica. Se corpo e mente sono diretta emanazione uno dell’altra, questo permette di suggerire come molti malanni fisici arrivino da malesseri di matrice psico-emozionale.
Una postura particolarmente in chiusura (ipercifosi), uno sguardo perso nel vuoto, gli arti superiori in intrarotazione decisa, un passo trascinato o sincopato, i disturbi dell’ attenzione, gli attacchi di ansia, le gravi e complesse scoliosi (e potrei continuare) dicono tanto, molto, troppo…Nasce l’esigenza di rivolgere attenzioni più a 360° alla persona, imparando a leggerla, traducendo i malesseri, portando sul campo di battaglia strumenti più utili e di qualità già sapendo che in tal modo ci rivolgeremo a un lavoro di alto livello con una clientela di target almeno medio-alto, interessata a vivere tramite la lezione (che avrà ben altra durata) un’esperienza multisensoriale giocata tra l’area attrezzi, cardio e olistica.
Un operatore capace (perché con più competenze e non improvvisato) di gestire questa concomitanza di informazioni (corroborate da quelle, necessarie, derivanti dalla nutrizione sportiva) potrà solo far bene. Una sessione di nuova concezione all’interno della quale si possa lavorare con bosu, palloncini ufo, materassi spessi morbidi, palle di varie dimensioni e riempite di sabbia o di aria, maschere per impedire l’uso del recettore visivo, spalliere e pertiche, bilancieri e manubri, macchine isotoniche, musica, luci e aromi modulabili per costruire attorno al “cliente-amico-paziente” un iter virtuoso da sviluppare 2-3 volte per settimana lavorando in concomitanza su qualità muscolari, recettori, capacità psichiche. Il training autogeno, la meditazione, le tecniche di respirazione, lo yoga, lo stretching, i lavori di visualizzazione, l’auto-massaggio, il mental coaching di tipo sportivo sono altri strumenti da inserire sapientemente in una sessione tipo, organizzando il protocollo allenante in maniera multidisciplinare avendo però ben presente le tre Q: quando-quanto-quale, ovvero quando inserire lo stimolo X per quanto tempo al posto di un altro.
Un paniere così ricco di stimoli permetterà dunque agli operatori di “montare” una sessione allenante che, anziché seguire il tracciato classico warm up – fase centrale - cool down, renda il lavoro più diluito come durata con un conseguente incremento del tempo da dedicare alle tre fasi all’interno delle quali inseriremo tecniche e attrezzi come quelli citati spostando l’attenzione della prestazione alla centratura della persona. L’immagine potrebbe essere il riempire un secchiello forato alla base: si perderà sempre materiale se il danno non verrà riparato nella causa e non nel “sintomo” esteriore). I gravi esaurimenti, le scoliosi più accentuate nel processo evolutivo, i gesti anticonservativi, le malattie da ritmi lavorativi ingestibili e pro-infartuanti, i disturbi dell’alimentazione, le dismorfofobie corporee, le depressioni post-partum, gli esiti da infortuni debilitanti a livello scheletrico (amputazioni, gravi limitazioni), i pazienti allettati, i gravissimi obesi…queste sono alcune delle condizioni che si trattano rovesciando il punto di vista dal commerciale al qualitativo e assumendo empaticamente il punto di vista del nostro allievo per compiere assieme un nuovo percorso
che ho chiamato affettuosamente “a tutto tondo”.
Non si tratta di un percorso per tutti: bisogna avere qualità e conoscenze maggiori, unite a intuito, empatia e capacità di ascolto. La contropartita? Un portafoglio clienti diverso: lavorerete non solo su ciò che si vede e si sente, ma anche su aspetti del workout lasciati in un angolo perché non strettamente “necessari”. Il tempo in tale ambito non è una variabile apprezzabile; meno male, una volta tanto...
Link al corso ginnastica posturale e allenamento con sovraccarichi https://www.fif.it/corso-ginnastica-posturale-allenamento-sovraccarichi?type=23-GPS-00-000931
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