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DALLA FARINA DI GRILLO ALLA CARNE DA CELLULE COLTIVATE

Scritto da Marco Neri

LE PROPOSTE E LE SFIDE ALIMENTARI DEL FUTURO


Seguendo le cronache dell’ultimo anno si evince come stiamo entrando sempre più in un’era dove la “sfida” alimentare diventerà sempre più complessa. Queste esigenze sono legate alla necessità di garantire nutrienti a prezzi abbordabili con sistemi di produzione ecologicamente sostenibili, con politiche che permettano di gestire tutte le implicazioni sociali, con certezze salutistiche che diano garanzie anche nel lungo periodo. La prima notizia è stata quella del gennaio 2023 quando sulle tavole degli europei si annunciava il via libera per pane, pasta, pizza, biscotti e altri prodotti base di farina di grillo (Acheta domesticus) con una % stabilità della composizione totale del prodotto. La polvere dell’Acheta domesticus contiene, su 100 grammi di prodotto, una media di oltre 65% di proteine ad alto valore biologico. Una vera rivoluzione culturale e normativa. Logicamente tutto deve essere dichiarato sull’etichetta, indicando la presenza di polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (grillo domestico) e indicando inoltre che tale ingrediente può provocare reazioni allergiche nei consumatori con allergie note ai crostacei e ai prodotti a base di crostacei, ai molluschi e ai prodotti a base di molluschi e agli acari della polvere.
Dicevamo che il contenuto proteico di tale prodotto è del 65% quindi permette di avere un’elevazione delle proteine totali del cibo confezionato con tale ingrediente. Ma del resto sempre nel 2023 si è dato il via libera anche alla larva gialla della farina (larva di Tenebrio molitor) congelata, essiccata o in polvere, alla Locusta migratoria, anch’essa congelata, essiccata e in polvere, alle larve di Alphitobius diaperinus (verme della farina minore) congelate, in pasta, essiccate e in polvere (Gazzetta Ufficiale 29-12-2023 serie generale 302). Ovviamente tutto questo ha dato vita a una vera e propria levata di scudi. Ovvio che l’ UE abbia richiesto il parere favorevole dell’Autorità Europea per la sicurezza alimentare (Efsa) sull’avere le garanzie che tutelino la salute e non è certo facile per i non addetti ai lavori valutare se effettivamente ci sia documentazione sufficiente per garantirne la sicurezza nel lungo periodo. Il dato di fatto è che da millenni l’uso di insetti fa parte dell’alimentazione di tanti stati del sud est asiatico. Altrettanto ovvio che chi ricerca la tradizione alimentare del proprio paese faccia fatica ad accettare tale introduzione. Il punto chiave deve essere la cultura e la sensibilità del consumatore che deve iniziare a leggere attentamente le etichette e non comprare in modo non consapevole; del resto già nei coloranti (soprattutto rossi) già da anni è ammesso un estratto di cocciniglia. Altro punto dolente e controverso è quello della carne coltivata biologicamente, in pratica si prelevano tramite biopsia muscolare cellule da animali normalmente allevati per produrre carne e usare quelle cellule come ‘starter’ per far crescere la carne al di fuori dell’animale”. Tali cellule vengono nutrite in una soluzione contenente nutrienti in grado di farle moltiplicare stimolando le cellule a differenziarsi in muscolo o grasso maturo.
Occorre guidare le cellule muscolari e farle unire in fibre, che continuano poi a crescere nelle opportune circostanze. Tutto questo avviene all’interno di un bioreattore, cioè un apparecchio che riproduce le condizioni ottimali di crescita, in termini di temperatura, aerazione e flusso di nutrienti, replicando quelle fisiologicamente presenti nel corpo degli animali. Il mezzo di coltura ideale deve fornire nutrienti come aminoacidi, ormoni e fattori di crescita, cioè proteine cruciali per stimolare la crescita e la proliferazione cellulare. Attualmente quello che funziona meglio contiene siero fetale bovino, ricavato dal sangue raccolto dal feto di bovine gravide durante il processo di macellazione, una condizione evidentemente non compatibile per vegetariani e vegani, ma ci sono e si stanno studiando anche altre metodologie per nutrire le cellule.
L’Italia ha recentemente promulgato una legge che vieta la produzione e la commercializzazione della carne coltivata. La normativa è stata ufficialmente notificata alla Commissione UE, che avrà un periodo di tre mesi per valutare la sua conformità alle regole del mercato unico. Fino ad ora, l’Unione Europea non ha comunque autorizzato alcun prodotto a base di carne coltivata, ma la discussione sull’argomento è in corso e potrebbe avere implicazioni rilevanti per il futuro della produzione alimentare nell’UE. Infatti se la commissione UE, con il via libera dell’EFSA, ammettesse tale alimento l’Italia farebbe fatica a sottrarsi al via libera commerciale. Come dichiara il prof Antonio Gasbarrini (Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma) ancora poco si sa sull’impatto gastrico, assimilativo e metabolico di questo alimento. Personalmente credo che nulla escluda che la ricerca possa darci conferme ma certo occorrono ancora tempo e studi nel lungo periodo. Del resto al momento l’unico paese al mondo dove è ammessa alla vendita è Singapore che sta provando a produrre anche carne di pesce coltivata.
Certamente l’uso di carne coltivata può prospettare alcuni vantaggi fra cui ridurre gli allevamenti intensivi (certamente responsabili di una serie di problematiche ecologiche) e la macellazione in serie di grandi quantitativi di animali assecondando le scelte etiche di vegetariani o vegani. Dal punto di vista produttivo altamente la “carne” sarà controllata con verifiche costanti e approfondite (certamente più facili in laboratorio)  per garantire l’assenza di batteri nocivi, di allergeni, residui di antibiotici, ormoni ecc. Inoltre si potrebbe “gestire” la quantità e qualità dei grassi presenti anche potenziando gli Omega-3/6 e certamente aggiungere vitamine che ne completino il quadro nutrizionale. Ma ci sono anche diversi svantaggi dove occorre tenere presente l’impatto economico occupazionale di una filiera che storicamente fa parte della cultura occidentale (soprattutto legato agli animali allevati a pascolo). Dal punto di vista religioso per ebrei e mussulmani occorrerebbe capire se tale carne è conforme alle certificazioni “halal” o “kosher”.
Come già detto occorre avere certezze sulla sicurezza a lungo termine per i consumatori; analizzare e togliere ogni dubbio riguardo rischio di sviluppare tumori e/o all’accumulo e presenza di antibiotici o altre molecole utilizzate durante la produzione che non vengono poi metabolizzati ed escreti (come avviene in natura) dall’animale stesso. Al momento il “sapore e consistenza” non sono, a detta di chi l’ha provata, perfettamente sovrapponibili ad una carne di qualità, ma certo è un settore dove la ricerca può fare molto. Ultimo ma non ultimo dubbio riguarda i costi, attualmente superiori a quelli della carne “normale”, ma questi costi potrebbero essere ridotti dalla produzione in grandi quantitativi. Comunque in un modo o nell’altro la differenza di prezzo potrebbe creare delle disparità economiche fra chi può permetterselo o meno. Eliminati ogni dubbio di carattere salutistico, etico, economico, religioso rimane che sarà una scelta personale dove l’utente deve essere accuratamente informato e deve avere tutte le indicazioni (come l’etichetta) che lo aiutino a decidere ed individuare la tipologia di cibo più adatta alle sue esigenze. Si va inevitabilmente incontro ad un cambiamento, ma auspico che non ci sia un abbandono di culture e metodologie millenarie che devono essere rispettate.

Letto 68 volte Utima modifica effettuata Giovedì, 30 May 2024 11:20

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