Performance n. 1 - 2024
Editoriale
di Claudio Vacchi
Il bello e il brutto dei fenomeni pop nello sport
Un personaggio sportivo diventa fenomeno popolare quando egli stesso rappresenta un connubio di più fattori che si incastrano perfettamente: personalità genuina, valori umani come l’umiltà ed educazione, si allineano in modo semplice ai canoni comunicativi contemporanei. È proprio questo il caso di Jannik Sinner che ha portato il tennis nelle case di tutti gli italiani. In principio fu lo sci alpino, poi, verso la fine degli anni 90 fino al primo decennio del 2000 fu il motociclismo e ad un certo punto il fenomeno di turno divenne il nuoto. E così dopo Alberto Tomba, Valentino Rossi e Federica Pellegrini è arrivato Sinner a decretare il tennis quale nuova passione degli italiani. Una realtà quella dei fenomeni pop che certamente da un lato ha degli aspetti positivi; una celebrity infatti può divulgare la sua popolarità estendendo il suo raggio d’azione oltre il suo campo specifico, dimostrandosi particolarmente attiva nei nei settori della moda, della musica a cui spesso si aggiunge l’attivismo nel sociale e soprattutto nei confronti di alcune tematiche e cause. Dall’altro lato l’influenza del fenomeno popolare ci induce a riflettere su altre tematiche riguardanti i soggetti soprattutto i giovanissimi che ne subiscono il fascino. I bambini, in special modo quelli in età scolare, quali capacità di scelta potranno mai avere per comprendere se quello sport popolare è adatto a loro? Beh certamente saranno i genitori ad accompagnarli in questa scelta, spinti forse dal desiderio o da un loro sogno irrealizzato di farli diventare futuri campioni del tennis; ma sono davvero consapevoli di tutto ciò che conseguirebbe tale scelta? E soprattutto sono in grado di comprendere le caratteristiche strutturali e le qualità fisiche dei loro figli al fine di scegliere lo sport a loro più idoneo? La risposta nel 90 % dei casi è negativa. In Italia alle soglie dei primi trent’anni del nuovo millennio l’ordinamento della scuola dell’obbligo non prevede un altrettanto ordinamento sportivo. Il modello americano così come quello britannico, senza dover andare fuori continente, non sembrano minimamente aver incuriosito, meno che mai ispirato, i rappresentati del ministero dell’istruzione italiana. Lo sport gioca infatti un ruolo fondamentale nella formazione degli studenti britannici, e ancora di più statunitensi, e viene considerato al pari delle altre materie. Tutti i college sono dotati di campi sportivi e strutture per l’attività fisica, artistica e ricreativa. E sono addirittura previste borse di studio per chi eccelle nello sport. Lo sport in Italia resta una realtà in cui la politica intercede prepotentemente attraverso il CONI, emanazione del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), che è autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive nazionali, con un organico complesso che si discosta grandemente dal concetto di divulgazione dello sport alla pari della divulgazione della cultura. Una realtà che evidenzia come ancora oggi la maggior parte degli operatori sportivi, istruttori, allenatori, coach e preparatori svolgano il ruolo di artigiani, ovvero di produttori unici, di benessere, atletismo o di tecnica specifica, che raggiungono il successo e danno forza e valore alla loro “lavorazione”, non di certo grazie a grandi mezzi ed importanti infrastrutture, ma essenzialmente grazie alla loro abilità manuale che plasma l’atleta proprio come un manufatto, con la dedizione che solo il sentimento della passione può suscitare in modo da soddisfare parametri ed esigenze di perfezione via via crescenti… via via crescenti verso l’originalità e l’irripetibilità... Perché la perfezione è qualcosa di molto intimo, quindi unica per ogni individuo!