Pianeta palestre: cosa sta cambiando?
Scritto da Roberta BezziL'AVVENTO DELLE GRANDI CATENE HA ABBASSATO I COSTI DEGLI ABBONAMENTI A AUMENTATO LE RICHIESTE. MA C'È SPAZIO PER PICCOLI CENTRI ALTAMENTE SPECIALIZZATI CON SERVIZI “SU MISURA”.
Come sta cambiando l’universo delle palestre in Italia? L'avvento delle grandi catene e delle cosiddette low-cost che effetto ha avuto sui club più tradizionali? Quanto può essere redditizio oggi aprire un centro fitness? Quali sono i segreti per restare competitivi? Nel tentativo di saperne di più la rivista “Performance”, ha sottoposto un breve questionario di domande a diverse palestre distribuite in tutta Italia, dal Nord al Sud, isole comprese, per avere una panoramica il più possibile esaustivo delle nuove tendenze. È da qui infatti che si può e si deve partire per iniziare a fare qualsiasi tipo di ragionamento in merito alle prospettive future del comparto.
LE DOMANDE
1. Come è cambiato il mercato delle palestre negli ultimi anni?
2. Quanto le catene di palestre hanno influenzato il mercato del fitness in termini di qualità dei servizi, prezzi, etc.?
3. L’investimento nella palestra è un buon affare o il rapporto costi/benefici, visto anche in termini di ore lavoro, impegno e responsabilità, è diventato meno conveniente?
4. ‘Col senno di poi’ tornereste a investire nella palestra? E se sì, con la stessa tipologia con un centro più grande o più piccolo? E con quali servizi in più o in meno?
LOTTATORI MILANO di Passano con Bornago (Milano)
Alessio Manzi (presidente e socio)
1. La nostra palestra è aperta solo dal 2013. Finora, abbiamo osservato che il nostro ‘modello innovativo’ – quello di una palestra di ampie dimensioni incentrata su sport da combattimento e cross/functional training – è stato molto copiato perché richiede un budget relativamente basso (non serve un parco macchine), a fronte però di molte più competenze e più personale. Mi aspetto infatti che, a breve, parecchie delle neonate strutture chiudano.
2. Tutto ciò che diventa “grande catena” perde di artigianalità. Questo vale per i biscotti della nonna contro quelli del supermercato, così come per le palestre. Quando si lavora sui grandi numeri, si perde di vista l'obiettivo iniziale – fare allenare bene le persone – per cercare di riempire il più possibile la struttura, avere meno personale ed evitare che le persone si facciano male. Questo rende tutto più asettico e standard, ma poiché la materia prima, ossia il corpo umano, standard non è, arrivano presto i problemi e l'insoddisfazione dei clienti. A fronte di 300 iscritti, noi abbiamo 300 frequentanti. A fronte di mille iscritti una grande catena ha in genere 400 frequentanti. Probabilmente è il motivo per cui guadagnano più di noi, ma preferiamo andare a dormire sapendo di non ingannare nessuno.
3. La palestra oggi non è un buon affare. È un discreto affare che sta diventando cattivo, a causa di normative “improbabili” che danneggiano chi le segue come me e favoriscono chi se ne disinteressa. Sarà mai possibile, tanto per fare un esempio, che dobbiamo attendere sei mesi per un'autorizzazione dei vigili del fuoco per uno stabile perfettamente in regola, a fronte di chi magari lavora già da settimane in un capannone senza finestre né spogliatoi? Sarebbe necessario scremare escludendo chi lavora fuori dalle norme, in modo che gli altri in regola possano finalmente trarne vantaggio.
4. Sicuramente sì, perché adoriamo quello che facciamo. Col senno di poi, avremmo preso un centro anche più grande perché ora stiamo “stretti”.
WELLNESS SPORT di Cittadella (Padova)
Giada Tessari (titolare)
1. Il mercato sta sempre più migliorando l’offerta sia come prezzi sia come tipologie di discipline. Le attività sono inoltre molto più specifiche e richiedono da parte di istruttori e gestori una conoscenza del settore approfondita.
2. Le catene di palestre hanno decisamente influito sulle offerte: attualmente o si appartiene al mondo low cost o ci si orienta sulla qualità con servizi di standard più elevati, non raggiungibili dalle associazioni che operano negli spazi comunali. Per quanto ci riguarda, già da sei anni abbiamo coraggiosamente scelto la seconda opzione con più di 60 attività comprese nell’Open. Una strategia che sta dando buoni frutti, grazie al fatto che viviamo in un contesto dove ancora si ricerca la qualità, percependo l’enorme differenza fra una catena di montaggio e una scheda davvero personalizzata.
3. La palestra può essere un buon affare a patto che il gestore sia una delle figure attive al suo interno ogni giorno, non solo come punto di riferimento. Questo infatti influisce molto sui costi in uscita del centro.
4. Sì, possibilmente con una terza sala che non abbiamo ma tanto vorremmo! Motivo per cui stiamo progettando l’apertura di un secondo centro con una ulteriore diversificazione dell’offerta. Come amiamo ripetere, l’attività fisica può essere usata per raggiungere il benessere, un po’ come il cibo.
ATLAS CLUB di Bologna
Giuseppe Bianchi (amministratore)
1. Si è passati dai club piccolo-medio al grande centro fitness. Un altro cambiamento è il cosiddetto ‘spacchettamento’ dell’offerta (crossfit, olistico, solo donne, tutto in 20 minuti, etc.), oltre a un eccessivo marketing del prodotto.
2. Le grandi catene stanno avendo un’influenza negativa, a causa del marketing eccessivo che punta più sull’aspetto emozionale a discapito di quello fisico/motorio, che dovrebbe essere prioritario.
3. In generale, non è un buon investimento, ma dipende molto dalla capacità di contenimento dei costi e dal saper utilizzare la leva del marketing/comunicazione.
4. No.
MENS SANA 1871 di Siena
Matteo Fellini (direttore tecnico)
1. Il mercato del fitness è mutato in modo straordinario. Con l’avvento delle low-cost, molti professionisti e proprietari di palestre si sono trovati a dover rivoluzionare profondamente i loro servizi. Nella speranza di competere con multinazionali che offrono abbonamenti a partire da 9 euro al mese, tanti hanno commesso l’errore di rincorrere il ‘prezzo più basso’ sacrificando inevitabilmente la qualità della loro offerta, eliminando figure come istruttori di sala pesi o adottando ‘virtual trainer’ per le lezioni di gruppo. Tuttavia, queste soluzioni sono tutt’altro che efficaci nell’ottica di fidelizzare i propri clienti e, costi ridotti che inizialmente sembrano essere positivi, si rivelano invece motivo di crisi. Sono tante le strutture che chiudono ogni anno. Molte di queste sono start-up che non sono state in grado di ‘leggere’ il mercato. La forbice si è allargata e le palestre di quartiere hanno vita dura.
2. Tantissimo. Chi opera nel fitness, oggi deve scegliere. Il dilemma è: rincorrere le multinazionali – che dispongono di risorse economiche infinite -, abbassando i propri prezzi fino ad essere fagocitati da un’inevitabile crisi? O puntare sulla qualità dei propri servizi, offrendo un’esperienza insuperabile ai propri clienti, garantendo loro un trattamento da star?
3. Dipende. Investire in una palestra può essere un buono, un ottimo o un pessimo affare. Ma preferisco ‘rispondere’ con una domanda provocatoria. Nel mercato di oggi, chi spenderebbe 500 mila euro in attrezzature per poi vendere abbonamenti a 19,90 euro al mese? Non è forse meglio spendere 30mila euro per allestire un piccolo spazio e vendere abbonamenti a 300 euro al mese?
4. Esistono molti posti in cui la palestra ‘classica’ può ancora funzionare. Tuttavia, visto il mercato, se dovessi aprire oggi una palestra, punterei sul piccolo centro di personal training: piccolo investimento iniziale per le attrezzature, bassi costi di gestione, elevata personalizzazione dei servizi e ricavi potenzialmente maggiori. Consiglierei alle ‘palestre di quartiere’ di mutare pian piano i propri servizi puntando sulla personalizzazione dell’offerta, in modo da mettere il cliente al centro di tutto. E di non commettete l’errore di pensare che le persone non siano disposte a pagare di più. Il valore di ciò che si offre è dato dal tipo di esperienza che si è in grado di far vivere ai propri clienti, assieme alla qualità del rapporto che si costruisce con loro e ai risultati che si possono garantire. Con questa formula, il successo è garantito.
HEAD QUARTER di Roma
Massimiliano Pagano ed Emiliano De Bianchi (titolari)
1. Sicuramente, negli ultimi anni, si è assistito a una omologazione dei centri fitness attraverso una standardizzazione dei prodotti/servizi erogati, legati più alla soddisfazione della moda del momento piuttosto che alla cura del cliente. Tutto questo ha reso i centri fitness ‘tutti uguali’ abbattendo di conseguenza il valore di mercato degli abbonamenti.
2. Le grandi catene hanno decisamente influenzato il nostro mercato. In senso positivo, richiedendo ai ‘vecchi’ gestori una implementazione degli standard qualitativi strutturali, l’inserimento di figure dedicate alla vendita dell’abbonamento, all’estensione del servizio specialistico come per esempio il Personal Training. In senso negativo, portando a una omologazione dei servizi e a una scarsa attenzione al singolo cliente.
3. Questo è un settore dove decisamente il rapporto costo/beneficio è molto conveniente per il cliente, visto il livello medio/basso del costo degli abbonamenti e borderline’ per gli operatori e investitori.
4. Nonostante le premesse , diciamo assolutamente sì e con la stessa tipologia di Head Quarter sia per spazi che per servizi erogati.
UP & DOWN FITNESS di Salerno
Gaetano Rocco (direttore tecnico)
1. Gli ultimi dieci anni hanno visto un prolificare di nuove palestre, soprattutto nelle zone periferiche della città dove maggiore è la possibilità di acquisire superfici più ampie, e un in incremento di attività di yoga, Pilates correlato soprattutto a un aumento di persone della terza età fra gli iscritti. Tutto ciò sta portando oltre che a una frammentazione della clientela anche a un abbassamento dei prezzi di vendita.
2. Nella nostra zona non ci sono catene, ma solo palestre gestite a livello familiare o da due/tre soci. Per cui la clientela, sceglie la palestra perché vicina a casa, perché lì vanno gli amici, per la professionalità o per la varietà dei corsi e per il loro costo. La nostra palestra si distingue perché è al centro della città e perché mantiene un buon livello professionale dei suoi istruttori.
3. Con una pressione fiscale intorno al 52 per cento, con annessi e connessi, per una palestra è una questione di sopravvivenza, come per gran parte delle attività commerciali. I prezzi degli abbonamenti sono fermi ormai da anni, anzi in molti casi hanno avuto una contrazione.
4. Sì, investiremmo di nuovo in una palestra in un centro un po' più grande, con possibilità di una piscina e sperando di non essere obbligati a doverla gestire come Asd.
PERFECT LIFE di Sant’Arpino (Caserta)
Enzo Cristiano (team manager)
1. Il mercato delle palestre è certamente cambiato e in meglio. Rispetto a dieci anni fa ci sono tantissimi servizi in più (per esempio, Spa, estetica, ristorazione, estetica, etc.), oltre alle numerose attività e proposte tecniche. C’è poi da registrare un cambiamento nella mentalità degli italiani sempre più orientati verso queste novità.
2. Molto. Da un lato, hanno portato a una maggiore visibilità del settore e, quindi, a una crescita della richiesta. Dall’altro, hanno dato la possibilità ai piccoli centri attrezzati di avere una maggiore fidelizzazione dei clienti. Questo perché i grossi centri, per come sono strutturati, non possono offrire lo stesso grado di attenzione ai frequentatori.
3. Oggi, entrare nel settore del fitness è diventato un investimento troppo esoso. In giro ci sono fin troppi enormi ‘scatoloni’ con dentro di tutto, frutto di investimenti pazzeschi, ma con servizi di bassa qualità e mancanza di percezione dei ricavi. Credo che sia più efficiente un centro più piccolo con meno responsabilità, più attenzioni verso il cliente.
4. Certamente. Mi orienterei sempre verso un centro funzionale efficiente idoneo a soddisfare la domanda. Ovviamente l’esperienza accumulata in questi trent’anni di gestione di centri fitness porterebbe a dei benefici ancora maggiori se dovessi ricominciare.
FITNESS TIME di Palermo
Francesco Daino (proprietario)
1. Non registro grossi cambiamenti.
2. L’avvento delle grandi catene spinge i piccoli imprenditori a tenere il passo con ristrutturazioni e una ricerca di servizi migliore. Il loro prezzo rimane uguale.
3. Non sono più i tempi di una volta quando io però non c’ero ancora, e oggi non è più un investimento imprenditorialmente valido. Chi si cimenta in questa missione lo fa più che altro per passione.
4. Penso di sì e con una tipologia uguale. L’alternativa sarebbe un piccolissimo centro top con specificità e top trainer.
CENTRO SPORTIVO REAL GEM di Barumini (Cagliari)
Fabio Pani (titolare)
1. Il mercato ha subito, molto di più che in passato, le mode del momento. È praticamente scomparso lo spinning ed è salita la richiesta dei corsi di funzionale. Anche se reputo che la base di un centro fitness, rimanga e rimarrà sempre la sala pesi, dove si può “socializzare” e lavorare allo stesso tempo.
2. Le catene di palestre non hanno influenzato per niente il mercato del fitness in termini di qualità, anzi! Per i prezzi, certamente sì, ma a patto che chi si allena, lo faccia senza pretendere di essere seguito o corretto. Il low-cost è quanto di peggio il mercato possa offrire, in termini di qualità dell’allenamento.
3. Nel caso di realtà piccolo-medie, l’investimento in una palestra è un buon affare se il titolare ci lavora in prima persona.
4. Rifarei tutto da capo. La mia è una struttura di circa 500 mq, con costi di gestione abbordabili.
TANIT SPORT & FITNESS di Medio Campidano (Sud Sardegna)
Gianpiero Marongiu (titolare)
1. È cambiato tanto, soprattutto nella percezione del servizio offerto. Meno spazio alla qualità con l’avvento di discipline divertenti ma di qualità quantomeno mediocre. Prima lo spinning con tanti istruttori formati in un giorno, poi Zumba, Macumba, Piloxing e altre ancora hanno livellato verso il basso la qualità delle attività, con gli istruttori che diventavano più animatori da villaggio turistico che tecnici di attività motorie. Stessa cosa per la sala pesi, una marea di personal trainer o di istruttori di Functional Training che hanno portato una concezione spesso errata dell’allenamento. Allenamenti troppo spesso privi di una logica e soprattutto di programmazione. È sparito il concetto originale di ‘fitness’ inteso come star bene per far posto alle mode del momento senza tenere conto delle esigenze reali dell’utente. Questo però a vantaggio di attività come il Pilates, che si trova così a ‘curare’ le persone ‘rotte’ dalle altre discipline. Del resto la maggior parte degli insegnanti di Pilates sono proprio i vecchi insegnanti di fitness musicale e di body building e fitness che hanno continuato la loro formazione professionale e sono realmente capaci di individuare i reali bisogni degli allievi.
2. In Sardegna le grandi catene non sono arrivate. Ma anche qui si è scatenata la guerra dei prezzi che, gioco forza, ha portato a offrire dei servizi inferiori, soprattutto in termini di qualità.
3. Con una palestra non si diventa ricchi e si perde anche il romanticismo iniziale. Un esempio abbastanza palese è la guerra continua fra i laureati in scienze motorie che vorrebbero avere l’esclusiva nelle palestre e gli altri da loro definiti ‘brevettati’. Tutti idealisti fino a quando aprono un loro centro: a quel punto, diventa lecito ‘ingaggiare’ i brevettati, che diventano improvvisamente preparatissimi, e pagarli 4 euro all’ora!
4. Da settembre ho venduto gli attrezzi della sala pesi, modificando l’offerta del mio centro e trasformandolo prevalentemente in uno Studio Pilates. Due sale a corpo libero e uno spazio dedicato alle lezioni private. Insomma offriamo un servizio qualitativamente elevato per un target medio alto che può apprezzare la nostra professionalità. Detto questo, tornando indietro, avrei fatto prima questa scelta! Da 22 anni faccio il lavoro più bello del mondo e, anche se a fine mese i conti non sempre sono positivi, mi rimane un briciolo di romanticismo che mi fa amare quello che faccio.
IN CONCLUSIONE
Il mercato del fitness è fortemente cambiato in questi ultimi dieci anni, sia a livello di attività che sono oggi ben più numerose, sia a livello di servizi sempre più diversificati. Nel complesso, l'offerta non è mai stata così ricca e ampia. Un fattore determinante in questo rimescolamento di carte è stato di certo l'arrivo delle grandi catene e delle low-cost, in particolare nelle città più densamente popolate. La rincorsa al prezzo più basso, in molti casi, ha fatto perdere di vista la qualità e l'artigianalità del servizio offerto, ma ha anche favorito indirettamente la fidelizzazione del cliente da parte delle piccole palestre che hanno saputo coccolare e interessarsi ai propri iscritti, creando un rapporto più diretto e personalizzato. Far “quadrare” i conti non è facile oggi, e aprire una palestra deve essere prima di tutto frutto di una grande passione per il settore. Ma c'è ancora spazio per chi, dotato di una buona professionalità, decide di aprire un piccolo centro altamente specializzato!
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